"Zwei-Osterei" dei Kluster (ancora con la K) si erge come un monumento all'avanguardia, un viaggio visionario attraverso le frontiere stesse della sperimentazione musicale. Il grande Conrad Schnitzler, affiancato da Moebius e Roedelius, offre due lunghe improvvisazioni di nuovi suoni con strumenti acustici, quali violoncelli, amplificatori, macchine d'eco e microfoni.

Le composizioni si presentano come opere astratte e progressiste. La progressiva esplorazione musicale si manifesta attraverso l'utilizzo innovativo degli strumenti convenzionali, isolati dalla loro fonte originale grazie ad amplificatori e manipolazioni del nastro. Questa raffinata opera sperimentale elettrica si svela come un trascendente connubio di suoni.
La prima traccia si dipana come un oscuro affresco elettronico, con temi lineari di violoncello, percussioni aleatorie e feedback, intrecciati con suoni d'organo gracchianti. La sua natura altamente ripetitiva e ipnotica cattura l'ascoltatore in un vortice sonoro senza tempo. Il tutto è enfatizzato dalle narrazioni "religiose" e "drammatiche" in tedesco (Nel 1969, la chiesa, tra tutte le istituzioni, scelse di finanziare i primi album dei Kluster, con la condizione che venissero aggiunti testi religiosi).
La seconda traccia, interamente strumentale, si snoda attraverso la stessa tessitura percussiva, metallica e complessa, offrendo un'esperienza sonora che sfida la definizione. Un lavoro proto-elettronico concreto, "caotico" e rumoroso, che sfiora l'inaudito.

La sua audacia può risultare forse troppo avanguardista per i sensi più convenzionali, ma nel suo essere rivoluzionario, questo album rimane un piccolo classico, un'opera d'arte sonora che sfida i confini del pensiero musicale. I Cluster (senza la K e senza Schntzler) sapranno essere più fruibili. Questo è un disco ostico e lo consiglio ai duri e puri dell'avanguardia.


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