Anche quest'anno il miracolo si è ripetuto.
Il miracolo dell'Ypsigrock Festival, che ogni estate, per tre giorni, vede concentrarsi nella splendida cornice del piccolo borgo medievale arroccato tra i monti in provincia di Palermo di Castelbuono (o Catelbueno per dirla alla Crispian Mills) il meglio dell'attuale scena musicale internazionale. Giunto ormai alla sua tredicesima edizione l'Ypsig, oltre a essere il più grande festival all'aperto in Sicilia, si è affermato come uno dei più interessanti appuntamenti a livello nazionale e non solo per gli amanti della musica Indie.
Ogni anno in questo paesino che non raggiunge i diecimila abitanti affluiscono migliaia di cultori di musica indie da tutta Italia e oltre; migliaia di appassionati che per tre giorni si ritrovano a mangiare insieme pane e salsiccia all'ypsig camping in un'atmosfera di condivisione e di relax che davvero raramente si riscontrano altrove. Il segreto di un tale successo sta nel racchiudere le attuali migliori proposte dell'indie isolano e nazionale accanto ad artisti di calibro internazionale, il tutto in una cornice di ammaliante bellezza come quella di Piazza Castello, luogo in cui si svolgono i concerti, che negli anni ha visto esibirsi ai piedi dell'imponente castello medievale artisti come La Crus, Marlene Kuntz, Blonde Redhead,, Yuppie Flu, El Guapo, Motorpsyco, Ulan Bator, Mouse On Mars, Harchitecture In Helsinki, Art Brut, Deus, Apparat, solo per citarne alcuni.
Per chi come me viene da Catania, l'autostrada verso Castelbuono è un nervo scoperto che attraversa la Sicilia più selvaggia e meno conosciuta. L'entroterra isolano è un susseguirsi di monti e campi dai caldi colori senza alcun segno di forme di vita umana se non qualche antico casolare agricolo in rovina sparso quà e là; timide manifestazioni urbane assediate dalla natura che li circonda. Poi si costeggia la lussureggiante costa tirrenica per infine inerpicarsi sulle Madonie, la spina dorsale della Sicilia, monti dalla splendida natura in cui si arroccano come sprazzi artificiali su immense distese verdi piccoli borghi come appunto quello di Castelbuono in cui non ti aspetti di trovarti uno dei festival rock più importanti d'europa.
Quest'anno la line up è stata un tributo alla musica britannica: l'indie-punk dei The Rakes (che dopo 15 minuti mi ha stancato di brutto... Carini ma non fanno proprio per me), l'elettronica visionaria di Jon Hopkins, per l'occasione accompagnato dal violinista dei Goldfrapp Davide Rossi (mamma mia che flash... Anche questo sarebbe da recensire), e il brit-pop psichedelico dei Kula Shaker.
Proprio quest'ultimi erano gli ospiti attesi, il gruppo londinese che dopo l'esordio di K, album rivelazione che nel 1996 fu accolto da un clamoroso successo di critica e pubblico (vendette oltre due milioni di copie e diventò il disco di debutto più venduto nella prima settimana di uscita sin dai tempi di "Definitely Maybe" degli Oasis) ma che non riuscirono a reggere il peso delle attese nel 1999 con il successivo Peasants, Pigs and Astronauts album infinitamente inferiore rispetto al primo, tanto da far definire i Kula Shaker "la più grande promessa non mantenuta nella storia della musica". L'epilogo è lo scioglimento della band; che nel 2005 però si riunisce con una formazione un po' modificata e nel 2007 fanno uscire Strangefolk, album sicurmente non all'altezza di K ma decisamente migliore rispetto al successivo flop.
L'anno scorso la band ha annunciato di essere tornata in studio e di star lavorando ad un nuovo album, "Pilgrim's Progress", che dovrebbe uscire nel maggio del 2009. Ed è l'Ypsig, unica tappa nel bel paese, il luogo scelto per presentare al pubblico italiano i lavori che saranno inclusi in questo album e per ballare insieme al ritmo dei grandi successi che hanno reso famosi i quattro. Dopo i Siracusani Albanopower (eccovi un link da cui poter scaricare gratuitamente qualche loro pezzo), gruppo promessa dell'indie-pop italiano che già si era fatto notare sotto le spoglie dei Tellaro, ma che solo ora sta riuscendo a uscire dalla dimensione locale, parte "Hey Dude" un classico dei Kula. Avevo letto in qualche recensione che dal vivo riescono a dare il meglio, ma non mi aspettavo quello che mi sono ritrovato davanti: la vena psichedelica dei Kula Shaker dal vivo è un acido muro sonoro che ti investe; le sonorità che citano Grateful Dead, Beatles, Velvet Underground vengono sprigionate sotto forma di migliaia di watt che riempiono Piazza Castello.
Seduto sulle alte scalinate che formano un punto visuale privilegiato in quanto sopraelevato alla piazza, con i piedi penzolanti sul pubblico, sentivo la pietra sotto il mio culo tremare e sotto di me una piazza scatenarsi al ritmo di pezzi come "Hush". Sembra davvero appropriato lo slogan dell'Ypsig di quest'anno: You Still Love Rock 'N' Roll; un concerto dei Kula Shaker è come fare un salto a qualche decennio fa, referenziali verso quel tipo di sonorità britanniche che hanno fatto la storia del rock non si preoccupano di celarne le origini, anzi, ne fanno il loro punto di forza, è come una citazione nemmeno troppo contemporaneizzata, è come se affermassero "come avrebbero detto i Beatles..." (Beatles tanto per fare un nome ma potremmo metterci altri gruppi al loro posto).
Il concerto va avanti, Crispian si scatena sempre più (soprattutto dopo che qualcuno al lato del palco gli ha passato qualcosa che ha ingoiato :), un Frontman da paura, la sua chitarra più volte si vede essere lanciata in aria per poi essere ripresa, si inginocchia, salta, assume le più svariate pose da rocker; anche questo fa parte dello spettacolo, anche questo fa parte del revival del vecchio rock britannico. Ma non sono questi i Kula Shaker che voglio vedere... è quando tra le note distorte inizio a sentire l'intro di "Tattva" che smetto di battere il ritmo sulle gambe e mi preparo a lasciarmi trasportare in quelle atmosfere tipiche della tradizione musicale indiana ma con i suoni di un'occidentalissima chitarra elettrica. E' questo a mio parere la punta di diamante della musica dei Kula Shaker (per quanto mi riguarda l'unica cosa loro che adoro ascoltare), e sembra che anche loro la pensino così: la chiusura del concerto è infatti affidata a "Govinda" che dopo un fragoroso e acidissimo intro pieno di luce viola parte e trascina tutti altrove... Govinda jaya jaya... Migliaia di bocche iniziano ad intonare una preghiera ad un dio in cui nessuno qui crede ai piedi di un castello medievale che di preghiere ne ha viste intonate parecchie nei secoli e ovviamente non solo cristiane...ma che ancora non si era visto un'orda di giovani ai piedi invocare a suon di acido rock Krishna (alias Govinda).
Voto: 4 al concerto (gran concerto ma ho visto di meglio), 5 al festival in sè (è il secondo anno che vado senza preoccuparmi di chi ci sia come ospiti, e non sarà l'ultimo)
...Ypsy&Love...
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