Quando all'inferno non c'è più spazio, i morti cominciano a camminare sulla terra. A sentire questo "The Ultimate Distroyer" direi che il vecchio Belzebù abbia il suo bel daffare laggiù alle terme. Già perché i Lair Of The Minotaur hanno deciso di fare un po' di spazio negli inferi riesumando un cadavere bello ingombrante: quello del Metal. La puzza è inconfondibile: cantina e sudore, birra e sangue.
I ragazzi di Chicago si calano nei panni del Dr.Frankenstein con incontrollabile veemenza e come nel caso dello psicotico sognatore perdono il controllo del mostro. L'onda d'urto è micidiale e dietro di essa non è che si nasconda chissà quale profondo contenuto.
"Forged metal from fires of the hearth/ Hades hammer puonds the Earth/ Keep my steel at my side/ And my enemies skinned alive".
Sono versi questi che difficilmente verranno scambiati per il nuovo manifesto del futurismo. Al massimo siamo di fronte al Barbarico Yop di Whitman, scuserete il sacrilego citazionismo. Per uscire di metafora questo è il disco che i grandi vecchi della scena non sono più in grado di scrivere. Questo è un disco che è nato morto ma che non vuole arrendersi all'evidenza; è il cattivo di ogni film dell'orrore. Quello che dopo inenarrabili vessazioni, con immenso sacrificio e per l'ultima volta, si rialza all'immprovviso, consapevole, nei suoi occhi di maniaco, di essere sconfitto ma determinato nel voler donare quell'ultimo, impagabile brivido alla sua vittima divenuta oramai implacabile carnefice.
E se voi il metal non lo ascoltate perché si sa, fa tanto sfigato ultimamente, potete tranquillamente attaccarvi al fatto che questi ceffi escono sotto l'ala della beneamata Southernlord e deliziarvi la mente con le piccole inflessioni sludge doom che qua è la imbastardiscono ulteriormente un disco che di bastardaggine ne ha da regalare a badilate.
Resterà fra me e voi la natura profondamente, radicalmente ed innegabilmente Metal di questo lavoro targato 2006.
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