Odio musicalmente gli anni ottanta per due motivi : il mood sonoro, tremendamente riconoscibile e irrimediabilmente legato a quel periodo e proprio per questo invecchiato malissimo; e la nascita di Mtv (agosto 81) che ha sancito definitivamente l'ascesa della package music (mia tristissima definizione) nella quale la confezione conta più del contenuto e dove il budget per un videoclip supera di svariate volte quello per la produzione musicale (mah!). 

Per dirvi, una Britney Spears negli anni 70 al massimo faceva la groupie, perché alla radio il balletto simil porno di “Oops! I Did It Again” non avrebbe fatto gran che effetto, evitando di vendere milioni di onanistiche copie (arieggiare la stanza dopo l' “ascolto”).

Lana Del Rey è la summa di quest' evoluzione (si fa per dire).

Il suo talento è sicuramente genuino anche se....

Anche se di una precedente e fallimentare carriera artistica con il nome di Lizzy Grant, sfociata pure in un album, è stata preventivamente e convenientemente cancellata ogni traccia (disco ritirato dal mercato e canzoni online scomparse) poco prima della sua rinascita musicale.

Anche se le labbra a canotto sono spuntate nottetempo, frutto sicuramente di una sfortunata reazione allergica (qualcuno gli dia un antistaminico!).

Che poi il padre sudi soldi e che lei, labbra o.g.m a parte (la bocca comincia 15 centimetri più dentro), sia una gran bella fi..gliola, son sicuramente casualità.

Una star costruita a tavolino per essere tremendamente glam e decadente, interprete di questo tempo nichilista.

Nata per morire e destinata a vivere da sola, disillusa dalla vita ma perennemente illusa da amori senza futuro.

Il problema è che il trucco si vede.

Il disco riflette la plasticosa essenza dell'artista. La produzione ammanta tutto di un sapore vintage e decadente, come si addice al personaggio, ma la genuinità manca.

La passione esce solo in “Video Games” unica canzone veramente dolente e punto più alto dell'album.

Per il resto il giochino de “anche le ricche e fighe piangono” non riesce, e nel complesso dà l'idea di un lavoro posticcio, piatto e vagamente elitario.

Ed è un peccato, perché non sarebbe da buttare, di brani davvero brutti non ce ne sono e anzi in molti si intravede un potenziale (sprecato).

L'errore è stato probabilmente rinnegare se stessa ed il proprio passato, rinunciando quindi alla propria parte più vera per riciclarsi in una bambola triste dal sicuro effetto commerciale ma da ammirare più che da amare.

C'è chi a scelto strade diverse. Basti pensare agli esordi di Alanis Morrisette che, prima di conquistare il mondo con un Jagged Little Pill incazzoso e incazzato tipo “ho le mie cose quindi è meglio che mi stai lontano altrimenti con i tuoi gioielli di famiglia ci faccio un fermaporte”, faceva ballare le alci canadesi con un orripilante dance pop (guardatevi il video di “Too Hot” e rabbrividite) vagamente sexy (per quanto può esserlo una vestita in quel modo).

Ma non l'ha mai nascosto, non ha cancellato ciò che era, si è solo evoluta non rinnegandosi.

Anzi ha provato a inserire un paio di brani prima maniera nella sua antologia The Collection, ma i produttori, in preda a risate isteriche e crisi di pianto, l'hanno vivamente sconsigliata (eufemismo).

Lana sembra essere prigioniera del suo personaggio e della suo bisogno di avere successo a tutti i costi, anche a scapito delle sue canzoni.

C' è da sperare che, una volta placate le sue ambizioni da diva, cominci a cantare solo per il piacere, e per le necessità emozionale, di farlo.

E' l'unico modo in cui può farci sentire davvero cos' ha da dire.

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