Nell'epoca dei Social Network, dei selfie e dell'Homo (un po') Fugens e (un po') Fotograficus, in questo Luglio del 2014, anno dell'Era Volgare...

Circondati da riesumati alfieri della (pseudo)spontaneità novantina, assediati da ventenni indecisi se preferire le cariatidi degli anni '60 e '70 (alcune pure redivive dopo una controrivoluzione revival) o gli scimmiottamenti degli hipsters e dei controhipsters. Una brutta epoca dove per trovare rigurgiti fascisti si va più sul sicuro se si cerca nei centri sociali che non nelle barche a vela.

Così, disperato, cerco diamanti nei bidoni della differenziata (nelle zone dove è sopra al 40%) ma mi accontento di pezzi di plastica: se non è tutt'oro quello che luccica quello che è opaco è sicuramente un prodotto della lavorazione degli idrocarburi.

Il concetto di Libertà è quella strana cosa che permette agli stupidi di dire idiozie e accusare di non rispettare le opinioni altrui chi fa notare la pochezza delle loro inezie, sul concetto di Verità mi sono arreso eoni fa.

Se dovessi dare retta a tutti i soloni neodiplomati e neolaureati di questi ultimi cinque anni dovrei arrendermi a considerare questo disco un prodotto adatto agli hipsters in crisi motivazionale o a chi delle atmosfere darkeggianti interessa solo il lato cool e da copertina delle riviste patinate. Se, ma solo se (per non urtare la sensibilità di nessuno), ascoltassi tutti i critici "autodafé" nati prima del 1988 morirei tediato da prosopopee sulla disperazione vera e su quella simulata.

Quindi non sapendo più a chi credere e di chi fidarmi preferisco chi con un sorriso (piuttosto) laconico o un broncio (pure al Botox) mi vende Cloruro di polivinile senza spacciarlo per topazio.

Ci sono molti meno riferimenti alla Black Music e all'R'n'B più coatti rispetto al precedente lavoro della nostra e in fondo si sente che l'onorario di Auerback per la produzione è stato (più che) adeguato e meritato: la cosa si nota subito dal fil rouge che non è più l'elettronica "veteronovantina" ma una che scorre su un Blues più classico e elegante (e i riferimenti agli standard del genere si sprecano) e un assetto orchestrale meno invadente. Un'evoluzione che corre su di un filo sottile che potrebbe spezzarsi da un momento all'altro (il futuro è lunatico, tanto quanto il target di riferimento) ma nell'arco di questo disco regge e tanto mi basta. Nell'Estate 2014 avere a portata di orecchio canzoni come "Cruel World", "Brooklyn Baby", "West Coast" e "Fucked my Way Up to the Top", ignorando gli strepitii della Controriforma Antihipster, è un lusso che mi concedo volentieri.

"Ultraviolence"

"Don't mistake lack of talent for genius" (Peter Steele)

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