Partiamo col dire che "Le Infermità Mentali Abituali" più che un gruppo, sono un duetto: Lorenzo Nunziato e Samuele Di Cristofano, rispettivamente chitarrista/cantante e batterista, sono un perfetto connubio tra vecchio e nuovo. Dopo una travagliata esistenza fatta di un continuo susseguirsi di screzi con altri musicisti, questi ragazzi hanno concluso che il detto "non c'è due senza tre" non è di loro gradimento: la soluzione di "coppia", piuttosto che di "folla" li ha aiutati a produrre qualcosa di nuovo, fresco, anche se a tratti ancora grezzo, che mancava nel sottobosco musicale della zona, fin troppo zeppo di nostalgici del Rock puro ed Emo/Punk destinati a durare solo una stagione.

"That's all Folks!", prima Demo contenente quattro tracce "C'era una volta.", "L'alieno.", "Cielo promesso" e "Iada", è un continuo inseguirsi, raggiungersi e perdersi nuovamente, di voce, chitarra e batteria: un vortice acustico in grado mescolare vecchie sonorità e influenze contemporanee; è un qualcosa di puro e allegro che bene s'incastra con la voce aggressiva (forse un po' troppo in alcuni punti) del cantante. L'aggiunta dell'armonica a bocca in alcuni pezzi (strumento molto svalutato che invece ha un'ottima resa principalmente nell'esecuzione live) dà, poi, all'intero progetto un je ne sais quoi di squisitamente retrò.

Il filo conduttore dell'intera Demo è quello che lega un passato nebuloso a un futuro da andarsi a prendere con i pugni; un'adolescenza, ormai agli sgoccioli, vissuta tra la noia quotidiana e logorante del noto e il desiderio di scappare e vedere cosa c'è effettivamente fuori dalla porta. Tutto questo infarcito di amore, rabbia, tedio, strafottenza e presunzione di sapere tipica di chi si sente superiore, o comunque estraneo, a ciò che lo circonda.

Così ci troviamo di fronte ad un album ben strutturato, con canzoni orecchiabili dal ritmo coinvolgente, grazie soprattutto all'accompagnamento musicale davvero degno di nota. I testi, forse, sono la parte più contorta: molto sulla falsariga dell'Alternative Rock all'italiana tendono a essere eccessivamente ermetici e, a tratti, anche deliranti.

Nel complesso, possiamo ritenerlo un bel lavoro. Certo, ci sono dei particolari su cui lavorare, ma è comunque un buon punto di partenza. 

Carico i commenti...  con calma