Chi è Vasco Brondi?

A mio modestissimo parere è colui che nel 2008 con “Canzoni da spiaggia deturpata” ha dato il via a quello che possiamo considerare il nuovo cantautorato italiano, vituperato e spesso ignorato, seppellito dall’illusorio velo del talent, ma oggi presente e vivo.

Brondi ha dato la stura, ha tolto il tappo che frenava una generazione di artisti che senza il bisogno masochistico di paragone col cantautorato degli anni 60-70, hanno qualcosa da dire, con il loro linguaggio e le loro chiavi per decifrare la realtà/finzione di questi benedetti anni zero.

Vasco Brondi ha dato dignità a questo gruppo di artisti permettendo loro di andarsi a sistemare su quella sottile linea di demarcazione tra il mainstream e l’underground. Con un iperbole potrei dire che se oggi Calcutta passa in radio cosidette di regime un po' lo si deve al Vasco meno famoso del nostro panorama musicale.

Il cantautore ferrarese quindi come precursore, inoltre capace, a distanza di quasi un decennio dal suo esordio, di rimanere peculiare e sempre riconoscibile in mezzo ai suoi colleghi. Una voce distinguibile e fedele a se stessa ed alla sua linea, parafrasando Giovanni Lindo Ferretti.

Le Luci Della Centrale Elettrica (questo è il battesimo del progetto brondiano) vedono la luce sul finire del primo decennio del 2000 ed arrivano come un temporale estivo ed io nella mia tarda adolecenza con le cuffiette nelle orecchie mi fermai e semplicemente pensai: e da dove viene questo???

A breve sarebbero arrivati, la notorietà, il successo, le etichette, le critiche ( il Moccia degli sciroccati) , la targa Tenco, il premio de il Mucchio Selvaggio, le parodie ed i generatori di frasi, le contaminazioni e le collaborazioni (Canali e Dragogna dei Ministri),i tour ed il tour con Jovanotti sul quale prudenzialmente sospendo il giudizio, insomma tutti gli elementi che costruirono mattone su mattone quella maturità artistica che il piccolo passaggio a vuoto di Costellazioni (2013) differirà al marzo 2017 con la pubblicazione di Terra.

Ecco ora il solito elenco degli artisti che hanno influenzato il Nostro Vasco: Battiato, Canali, CCCP, CSI poi PGR, ma perché no Rino Gaetano e l’immancabile Fabrizio De André ; ci interessa poco e credo che i paragoni raramente siano sani e quindi andiamo diretti nel “piccolo mondo” di Brondi, puntati con i piedi sul suo Terra che per suo stesso dire sarà “un disco etnico ma di un’etnia immaginaria (o per meglio dire "nuova") che è quella italiana di adesso. Dove stanno assieme la musica balcanica e i tamburi africani, le melodie arabe e quelle popolari italiane, le distorsioni e i canti religiosi, storie di fughe e di ritorni."

E così sia.

Il disco viene scritto in co-produzione con Federico Dragogna dei Ministri che troviamo anche in veste di musicista.

Terra è il disco più ambizioso di Brondi il quale abbandona la provincia ferrarese per abbracciare nella sua totalità il nostro pianeta chiamato terra, nonostante sia per la quasi sua interezza fatto di acqua; acqua che si impara dalla sete così come la pace si impara dai racconti di battaglia, per citare alcune immagini inserite dall’autore nei testi di Terra.

E proprio intorno a queste immagini, rievocate attraverso l’utilizzo della tecnica compositiva del Cut-up tanto cara al profeta della Beat Generation William S. Borroughs che però a volte nel passato più che a Borroughs somigliava ad un trip notturno su Google fatto di copia-incolla su tutto lo scibile umano, che si costruisce la composizione del cantautore, questa volta però il cut-up stesso è meno estremo e abusato cosi come la logorrea caratteristica dei precedenti lavori. Il cantato questa volta è migliore e si avvicina molto alla tradizione pop italiana, la voce è più controllata ed il controllo stesso prende il posto di quelle esplosioni isteriche che caratterizzavano le parti “urlate” delle composizioni di Vasco.

Come detto il cantautore abbandona la provincia, integrando nelle sue canzoni suoni e suggestioni della cosiddetta musica etnica, pescando tra musica tribale ed elettronica, con l’intento di raccontare questa nostra Europa strampalata, multiculturale e variegata.

Iniziamo ora un breve viaggio all’interno di alcuni dei titoli che compongono la playlist dell’album,

la prima traccia “A forma di fulmine” ci vomita addosso una serie infinita di possibilità in una prospettiva di apertura verso il futuro, un futuro che tra tutti i possibili sembra esser costruito su una voglia di vivere che non può prescindere dalla rivalutazione delle cose semplici, un futuro nel quale abbiamo tutto da vincere e niente da difendere.

Passiamo a “Stelle marine”. Le stelle rappresentano le mani di un bambino appena nato, il testo suona come un mantra centrato sull’ossimoro.

“Qui” inizia con il richiamo dei Muezzin proveniente dal minareto adiacente alla moschea e continua con la descrizione di alcune realtà impossibili.

Continuiamo con “Viaggi disorganizzati” nel quale appare evidente l’impronta di Summer On A Solitary Beach di Franco Battiato, mai negato punto di riferimento nella formazione di Brondi.

Passiamo ora a quella che probabilmente è la canzone più tradizionale dell’intera produzione delle Luci, Chakra, una canzone d’amore sincera e serenamente rassegnata alla morte dell’amore stesso.

Ecco “Iperconnessi” che per il messaggio che vuole lanciare è uno dei passaggi che trovo più interessanti dell’intero album; questo pezzo intende criticare le nevrosi dei social e dell’ironia che si trova in rete definita ormai piaga sociale. Una critica a chi si nasconde dietro una tastiera rischiando l’alienazione e a chi è pronto a giustificare tutto nel nome del progresso, “Vanno bene i progressi ma tu come ti senti?”

La canzone finisce con un appello a rivendicare il sacro diritto alla segretezza, alla distanza ed alla timidezza ormai totalmente immolate sull’altare della condivisone isterica e dell’esibizionismo patologico.

Terminiamo questo breve excursus con la poesia metropolitana di “Moscerini” a mio parere il momento più intenso dell’intero lavoro, un brano intimo, sognante che ha il merito di descrivere con poche parole interi quadri che spaziano dalla vita alla morte e che spinge l’ascoltatore ad andare oltre, guardare oltre l’orizzonte e nonostante la finestra del palazzo di fronte sia a 3 metri riuscire a vedere orizzonti infiniti.

Questo per me è Terra. Ogni volta che mi imbatto in un suo ascolto per me è come tornare a casa e al di là dei canoni estetici di ciascuno credo valga la pena dedicare un po' di tempo a questo disco ed alla conoscenza del suo autore che a mio modesto parere insieme a Francesco Bianconi dei Baustelle rappresenta uno delle migliori penne del cantautorato nostrano.

Carico i commenti... con calma