Ritengo il disco dal vivo, l’appuntamento a cui ogni band (o singolo artista)  di razza non può mancare.  La prova di ogni gruppo che vuole dimostrare di aver raggiunto un obiettivo, la conferma della conquista della vetta ed il modo più evidente di mostrare il proprio valore. La prova live per l’artista - andando ben oltre quella di essere un Greatest Hits magari con più rumore di fondo -, cerca di enunciare liberamente all’ascoltatore (diciamo di buona musica …) quell’energia percepibile solo durante lo show, dando modo a chi ne volesse essere partecipe, di sedersi comodamente in poltrona e sognare di essere in prima fila ad un Budokan, Hammersmith o Madison Square Garden che sia, dove a stravincere siano il volume o le urla più della tecnica o della pulizia del suono.

Potremmo definirlo il passaggio obbligato, magari stimolato dalla volontà di testimoniare un’epoca che sta per chiudersi, come dal desiderio di autocelebrazione o anche dalla brama di confezionare un documento nostalgico. Ma forse per la maggior parte dei casi  la motivazione più vicina alla realtà è quella di  eternare su di un nastro  vigore e prestanza fisica che solo un live-act possa offrire. 

Per gli Zeppelin il 1975 è stato contraddistinto da spiacevoli eventi che hanno visto prima la famiglia Plant in vacanza nell’isola di Rodi,  subire le conseguenze di un grave incidente automobilistico in cui la moglie del singer riporta gravi fratture a cranio e pube, mentre per Robert i danni colpiscono caviglia e gomito, mentre contusioni generali per i figli; per Bonham – appena diventato padre della figlia Zoe, il dover stare lontano dalla famiglia non fa altro che fornire occasioni al drummer di lasciarsi coinvolgere da quegli eccessi che la vita in tour ripropone. Intanto il periodo di inevitabile inattività porta a concretizzare il film-documentario montato da Peter Clifton, alle quali immagini dei concerti vengono unite quelle aventi come protagonisti i membri del gruppo.

L’apertura è lasciata alla vivace performance di “Rock’n’Roll” che mette subito in chiaro cosa debba aspettarsi il pubblico da uno show degli Zeps: energia e sudore a fiumi. E’ Page a destreggiarsi in lungo ed in largo per l’intero brano, dando abilmente libero corso alla sua chitarra, lasciando campo d’azione alla portentosa sezione ritmica, mostrando un Plant provarle tutte per non soffrire il paragone con la versione da studio. Della stessa stoffa si mostra “Celebration Day”, che cattura gli Zeps in un’esecuzione che mette ancora più in mostra della precedente, il lato più irruente di una musicalità che solo in questa dimensione riesce a colpire nel segno, più della pulita versione che già conoscevamo. La formidabile title-track traghetta l’ascoltatore nella toccante “Rain Song” ove l’ebbrezza  delle rifiniture chitarristiche che si fondono ad hoc con le trame elettroniche di Jones, ne fa insieme a “No Quarter” una delle esecuzioni maggiormente suggestive. Ascoltando “Dazed And Confused” è possibile comprenderne lo stravolgimento dall’originale, immergendosi totalmente in quell’intesa tra il cantato di Plant ed il lavoro/rifinitura di Page, in cui i due si lasciano trascinare vicendevolmente in un dialogo spesso comprensibile solo ai protagonisti. Le nivee emozioni che scaturiscono naturalmente dalla diffusione dell’intro di “Stairway To Heaven” sono le stesse che vengono a prendere corpo durante gli  struggenti  vocalizzi che seguono, per poi trasformarsi in veri e propri brividi sulla schiena di chi ascolta, durante il trascinante strumentale ove è percepibile un sincronismo tra tecnica e passione che hanno contraddistinto l’epoca d’oro di un certo modo di far musica. La presentazione dei “Moby Dick” fa partire il letale riff iniziale lasciando a Bonham i successivi dieci minuti dietro i tamburi come indiscusso protagonista a percuotere vigorosamente le pelli, con un pubblico partecipe ad ogni minimo accenno di provocazione ritmica.  Questa volta a “Whole Lotta Love” spetta il ruolo di chiusura. E che chiusura! Dal tuonante riff passando per la focosità dei vocalizzi, si assiste ad un favoloso medley che stravolge il brano all’inverosimile con l’inclusione di citazioni blues e rock & roll degli anni d’oro, poi ritmo serrato e solo stridente nel finale fanno il resto.

Un disco nato più per coprire il periodo di lontananza dalle scene a causa delle citate disavventure della famiglia Plant ma anche per combattere il fiorente mercato dei bootleg che allora fortemente prosperava, più che per una mera convinzione artistica. Come lo stesso Page ricorderà successivamente, l’esecuzione in questione non eccelle per estrema brillantezza, ma rimane pur sempre la prima prova live documentata su vinile che il gruppo abbia concepito, e che nelle sue modeste imperfezioni, ancora oggi per la rilevanza storica conseguita per molti assurge dignitosamente al titolo di classico.

[Nota dovuta: questo doppio dal vivo resta come specificato in apertura di recensione, la colonna sonora di un film dedicato alla band e non di un concerto, tanto che il principale obiettivo è la proiezione  nelle sale cinematografiche. Le edizioni che verranno, renderanno disponibile il prodotto prima in formato Vhs e poi in Dvd (l’ultima con due impedibili dischetti) la cui visione non può che generare stupore dando modo di cogliere i “nostri”, coinvolti volutamente in un ambito fantastico in veste di attori semiseri, offrendoci un Bonham in veste di gangster, Jones vestito da cavaliere nero e Page rivestire i panni ricercare l’eremita di Zoso.Per il discorso musica il supporto video ci offre una seducente versione di”Since I’ve Been Loving You”, non disponibile nella versione originale, almeno fino all’edizione expanded giunta sul mercato poco dopo il tentennale del disco].

 

 

 

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