Dietro al red carpet ben transennato, lo potete vedere se chiudete gli occhi, attende impaziente un battaglione di macchine fotografiche. Teleobiettivi, canne di fucile, solo per lei, la star, pronti a fare fuoco: per spegnere la notte per qualche istante con un bombardamento serrato di luci abbaglianti in rapida successione. La causa di tale snervante attesa è ormai all’ultimo ritocco in macchina. Poi finalmente la portiera della limousine bianca si apre e il vestito barocco pare quasi godere di vita propria tanto è lucente. Puro tripudio mentre calpesta con comprovata esperienza il lungo rettangolo rosso con profusione democratica di 32 denti in ogni direzione per le pagine dei giornali di domani. La “prima” del suo ultimo successo; chi se lo ricorda più quante serate così sono passate dagli esordi? Una cosa che non si vedeva da anni: un talento davvero unico. I suoi genitori avevano scelto assai bene il nome tra tutti quelli a disposizione cadendo infine sulla lettera P. Precious. Preziosa le si addice proprio. Perché tutto quello che sfiora si trasforma ogni volta in oro verde al botteghino ed in statuette auree a marzo.
Ma la Terra, bastarda, seguita a girare su quell‘asse un po‘ sbilenco. Le ore quindi passano, la notte muore dilaniata dalla luce, e giunge così il tristo momento nel quale gli occhi si devono pure aprire. Il vestito barocco, mentre sbadiglia, si è trasformato ancora una volta in un liso giubbotto di pelle color pece che a stento racchiuderebbe le spalle di Dwight Howard. Stropiccia gli occhi, Precious, ed è ancora Harlem. Fine anni ‘80.
16 anni ed ormai sulle spalle un’esperienza di disgrazie tale che non c’è più nulla che le possa incutere paura. La sua vita è stata fin da quando ne serba memoria una costante caduta. E se il dannato fondo non l’ha ancora toccato con le sue chiappe enormi, beh, non deve mancare poi molto. E’ qualcosa del genere quello che pensa mentre facciamo la sua conoscenza nella prima scena del film. Lo sguardo vacuo, quasi inumano per la totale indifferenza profusa, mentre silenziosa calpesta un marciapiede malconcio di New York senza alcuna apparente direzione. 120 kg trasportati dal vento. Un figlio avuto ed uno in arrivo; l’amore della madre in una padella scagliatale addosso ed in un televisore che, saltando agile un paio di piani, le ha sfiorato la faccia prima di morire con copioso spargimento di sangue: vetri e fili elettrici per tutto il pavimento. L'amore del padre… No, quello ve lascio scoprire da soli.
Forse il finale del film potrà apparire un po’ stonato ed avulso con il resto, zucchero caduto accidentalmente in una torta salata. Ma quello che rende "Precious" un lavoro di livello è che mentre ci parla di questa abnorme ragazza offre un’acuta, cruda e indelicata fotografia di un’America scomoda ed ignobile.
Con una riuscita alternanza tra illusorio sogno di adolescente e realtà il regista ci fa entrare in appartamenti nei quali i divani rattoppati hanno preso la forma del grasso culo del proprietario e nel quale la tv è sempre accesa. Ci fa vivere la moderna corsa all’oro: la continua ricerca all’assegno di disoccupazione. La via d‘uscita da questo merda non è ovviamente nell'istruzione, ma si trova tra i numeri della lotteria da giocare quotidianamente, con perseveranza, perché la fortuna mica passa due volte. Il quadro prosegue con le visite dei servizi sociali ed il continuo e patetico teatrino per imbonirli. Un paio di pennellate per la sanità ed un’istruzione pubblica inesistente e come cornice l'odore di una dieta sana ed equilibrata nella pregnante fragranza di un pollo fritto alle 9 di mattina e di gustose zampe di maiale pelose alla sera.
L’opera è resa particolarmente bene non solo dagli attori tra i quali potrei citare i celebri nomi di Mariah Carey (no, non ha le zinne fuori) e di Lenny Kravitz (no, non canta), ma anche dal linguaggio scurrile e dal tagliente sarcasmo che si sposa con l‘ambientazione come sanno fare assai bene pancetta, panna e uova con spaghetti fumanti e grana.
"Precious" quindi nel senso di 2 fotografie della stessa macchina fotografica. Nella prima si usa lo zoom, mentre la seconda è una panoramica d’insieme dall‘alto. Queste immagini si sovrappongono per tutta la durata del film ed il risultato è una critica feroce e profonda decisamente migliore di un documentario al vetriolo di Moore. Molteplici le immagini e le scene esportabili in tutto il mondo, per un bel lavoro dal sapore dolce e appiccicoso. Come lo zucchero a velo del pandoro? Bravo ragazzo, hai capito tutto: proprio come quello, oppure come il sangue. Perchè le ferite che "Precious" apre, con queste rasoiate arruginite e sporche, lasciano il segno.
A Natale i cinema sono sovente pieni, ma qui un posto bello largo lo troverete.
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