Bon, sono in pieno trip funky. Ogni tanto mi ritorna, e direi che è un bel sentire. Roba allegra, vivaddio, in questi tristi periodi di festa... Stavolta recensisco un disco poco ascoltato, di una band che (anche loro...) è stata poco amata, molto odiata, troppo incompresa. I Level 42, gruppo funky bianco per eccellenza. Vennero fuori nei primi anni '80, coniugando, o provandoci, a mixare i residui dance delle vecchie disco con la fusion fine a se stessa che stava imperando in quegli anni. Molto pop, anche, tanto per non farsi mancare eventuali hit da FM.

Il gruppo, come molti ricorderanno, si reggeva (non del tutto, a dire il vero...) sul funambolico bassista Mark King, un tipaccio inglese che sembrava uscito da una palestra di boxe, e che invece, memore di studi alla batteria, s'imparò da autentico autodidatta tutti gli stilemi funk sul basso, inventandosi paradossalmente un nuovo modo di "slappare" le 4 corde del suo strumento. Ma non solo. Anche il comprimario Mike Lindup aggiunse un tocco fresco alle tastiere, e caratterizzò le melodie del gruppo con un falsetto di EW&Firesca memoria. Completavano la formazione i fratelli Gould, uno alla batteria (una vera macchina di precisione, garantito perchè visto varie volte dal vivo...) e l'altro alla chitarra, sempre un po' troppo defilato, per la verità.

Per chi si volesse accostare per la prima volta a questo gruppo, consiglierei senza dubbio questo doppio dal vivo, registrato prima della pubblicazione del fortunato (e controverso) "World Machine", l'album intriso di pop che li rese famosi al grande pubblico. Questo "Physical Presence" è, diciamo, l'epitaffio funky della band, preso nella dimensione ideale: dal vivo. Vengono riproposti i maggiori successi di allora, anche opportunamente riarrangiati. La registrazione fa leggermente pena, a dire il vero, però si avverte la dinamica, la voglia di divertirsi e di far muovere il "piedino". Mark King fa faville, ovviamente. Linee di basso sinuose, ritmiche, sfavillanti, e, non dimentichiamolo... costui suonava e cantava contemporaneamente! "Eyes Waterfalling", un felice connubio tra arpeggi di Rhodes e chitarra, "Follow Me" (credo un inedito) dove il basso slapped ti fa letteralmente fare bum bum allo stomaco, "Hot Water" e la celebre "Love Games", che forse qualcuno ricorderà come hit sulle dancefloor dei primi anni '80.

L'ascolto non richiede impegno, ovviamente: è musica pop nell'accezione più classica del termine, non per questo da denigrare. I 4 inglesi il loro mestiere lo sapevano fare bene. Non hanno inventato niente di sconvolgente, se non avere il merito di aver diffuso a platee più grande alcuni dettami derivanti dal funky e dalla fusion, rendendoli digeribili con una piacevole salsa dance/pop.

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