Potrebbe essere utile parlare di gruppi come Soundgarden, Black Sabbath, Foo Fighters e Stone Temple Pilots per rendere un'idea di quali melodie, riff e atmosfere influenzino questo gradito ritorno sulle scene dei Life Of Agony, dopo ben otto anni dall'artisticamente fallimentare "Soul Searching Sun". Keith Caputo qui mette da parte i suoi vocalizzi alla caccia del pop rock perfetto dei suoi album solisti per ricreare assieme ai compagni quel mix di metal moderno intriso di hardcore newyorkese e speziato in ogni brano di melodie che tanto sanno di artisti come i compianti Scott Weiland e Layne Staley. Canzoni come l'iniziale "Love To Let You Down" o "The Day He Died" rotolano su un esaltante tappeto di rock metallizzato pieno di ricami dalla facile presa. In altri momenti la stessa orecchiabilità scende a compromessi con coltri di catrame sonico e testi intrisi della melma della vita ("Wicked Ways" e "Junk Sick" su tutti). Certo la sensazione che i Life Of Agony siano derivativi è sempre dietro l'angolo, ed è anche comprensibile per chi conosce la storia del gruppo, emerso nel 1993, ovvero nel momento del massimo fulgore degli eroi del grunge. Ma non sembra mai che le orecchie ascoltino omaggi forzati, qui c'è solo attitudine, abilità compositiva e sana disperazione. Nessuna brama di piacere o essere alla moda. Lo dimostra una seconda parte di album fatta di accordi lugubri e melodie lente e lancinanti che hanno il loro manifesto nella title track, dove un ritornello in puro stile Alice In Chains si incolla ad un'atmosfera desolata e dal sapore epico ed ancestrale. Consigliato a chi rifugge il rassicurante e consueto metal tradizionale e ha voglia di farsi penetrare sotto la pelle un ago diverso dal solito.

Carico i commenti...  con calma