A las mujer que habitan todos los tiempos,
las que han parido frutos de sus ideales: una sangre

Sangue... sinonimo di anima, vita, coscienza, dignità. Sangue... palpitante nelle vene, versato sulla terra, intossicato da alcool e droghe, infiammato dal sole e dai sentimenti. Sangue... trasudante da questa musica ora gioiosa e vitale, ora amara e rabbiosa. Una sangre, one blood, un sangue orgoglioso della passione civile, che in questo disco troviamo tradotto in molteplici intrecci musicali con una rara vitalità ed originalità.
Lila con la sua splendida voce rivela suoni che raccontano emozioni, tradizioni, storia, cultura, una terra: il Messico. Eppure questo paese le appartiene solo in parte, perché la sua è una formazione "di confine", avendo vissuto fra Los Angeles, Oaxaca e il Minnesota. Messicana solo per parte di madre, mentre il padre è statunitense, è cresciuta tra influenze culturali diverse, che ritroviamo nella sua musica. Dagli scalpitanti ritmi caraibici di "Viborita" ad insolite riletture della tradizione messicana ("La bamba"), che ti chiedono di battere le mani, i piedi e infine di alzarti e ballare. Ma non mancano suoni che sembrano appartenere al deserto fra il Messico ed il Texas, celebrato da chitarre elettriche dilatate come il riverbero del sole sulla sabbia. Sentimenti viscerali, che coinvolgono l'uomo ed il cielo, si affiancano a dolcissime ed intime melodie degli indigeni purépecha, persi nella notte dei tempi ("Tirineni Tsïtsiki"), e a storie di scarafaggi impazziti perché non hanno più marijuana da fumar (La cucaracha, la cucaracha/que ya no puede caminar/porque no tiene/porque le falta/la marijuana que fumar).

Accompagnata da ottimi musicisti, per lo più sudamericani, Lila canta in spagnolo, in inglese e nelle lingue degli antiche popolazioni messicane, riuscendo a mantenere immutate in ogni contesto le sue elevate e versatili capacità espressive. Molte canzoni hanno il dono di alternare registri melodici, che lei interpreta in modo diverso, ma con consueta bravura: a volte sussurra le parole, altre volte le recita, oppure si fa trasportare in interminabili sviluppi vocali. E tutto viene avvolto da una sorta di ostentato orgoglio, che inneggia una cultura della resistenza.
A testimoniarla è il frammento di una preghiera dedicato a tutte le donne che stanno combattendo per la dignità ed il rispetto, come Digna Ochoa ammazzata perché sostenitrice dei diritti civili dei più deboli: "Sono una donna che piange, Sono una donna che parla, Sono una donna che dà la vita, Sono una donna che colpisce, Sono una donna spirito, Sono una donna che urla" ("Dignificada: la balada de Digna Ochoa").

Questa musica è stata concepita per i sensi universalmente intesi. Spiritualità, allegria, passione e lacerazioni profonde si intervallano nelle parole e nei suoni. Sotto questo profilo, allora, il disco rispecchia il sangue che pulsa nel cuore di un mondo. Non era facile, non è poco.

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