Erano ormai parecchi anni che mi promettevo di vedere i Living Colour sopra ad un palco. Passati e tramontati gli anni dei grandi tour ad aprire per i Rolling Stones, i quattro newyorchesi, sono di casa nei piccoli locali del mondo. Questo tour, a supporto del recente e discreto album "The chair in the doorway" tocca cinque città italiane e Torino fa da apripista.

L'Hiroshima, ormai da anni punto fermo della musica alternativa a Torino, si dimostra come al solito caldo ed accogliente facendo registrare una buona e varia affluenza. Giovani e meno giovani uniti per celebrare una band che sicuramente ha lasciato il segno nella musica rock, per vari e svariati motivi.

Tempi rispettati, cronometro in mano, ed ecco salire sul palco alle ore 22 gli astigiani Warnipples, promettente band piemontese, dedita ad uno street hard rock, che vede nella scena glam losangelina di metà anni 80 e negli Aerosmith i principali punti di riferimento, con un cantante che ricorda Steven Tyler. Insomma la loro proposta musicale stona con il crossover degli headliner ma, il fatto di giocare "quasi" in casa e la buona tenuta del palco li fanno uscire vincitori dopo la loro prova. Il pubblico apprezza, da tenere d'occhio, anche se le band dedite a questo genere, in Italia, non hanno mai avuto una gran fortuna.

Ore 22,45 senza grandi trionfalismi entrano in scena i Living Colour. Prima abbiamo potuto verificare però, la mastodontica batteria di Will Calhoun e la miriade di pedali ed effettistica sia del funambolo Vernon Reid ma soprattutto del bassista Doug Whimbish, che a fine serata sarà il vero protagonista del concerto. Di contro Corey Glover si presenta invero imbolsito nel fisico ma fortunatamente mantiene ancora una voce da paura che si potrà verficare soprattutto nei pezzi più soul e black del gruppo. Come immaginavo i pezzi dell'ultimo album dal vivo acquisiscono ancora più vigore e non sfigurano affatto accanto ai grandi classici . Decadence, Out of mind, Young man e la stupenda Behind the sun, dove possiamo ammirare il tapping di Reid, sembrano già dei classici e fanno venir voglia di riascoltarsi ancora una volta l'ultimo lavoro per apprezzarlo ancora di più.

I Living Colour pescano da tutti gli album, dimenticando, forse il penultimo "Collideoscope". Tra mazzate micidiali come Go away, Auslander e Time'up proposta nei bis trovano posto anche due cover, Papa was a rollin' stone  e l'inaspettato omaggio ai Nirvana con una riproposizione fedele di In Bloom con il valore aggiunto della voce di Glover.

I Living Colour si divertono e si vede, scherzano tra loro e interagiscono con il pubblico, il tutto, senza tralasciare passione, cuore e tecnica come quella della base ritmica. Wimbish autore di un grande assolo al basso usandolo come chitarra grazie agli innumerevoli pedals di cui disponeva e poi l'assolo di batteria di Calhoum a metà concerto, un quarto d'ora che focalizza gli occhi dei presenti e che scalda loro le mani al momento di applaudire la performance. Divertente il siparietto su Elvis is dead con il finale che si trasforma in Hound Dog di elvis appunto. Poi non potevano mancare Glamour boys, il soul di Bi e la loro canzone "della carriera" quella Cult of Personality che, chissà, i più giovani avranno imparato suonandola su Guitar Hero.

Due ore esatte di concerto, suonate e passate alla grande, da un band di professionisti che si diverte ancora sopra un palco e questo è evidente e tangibile, riversando il tutto sul pubblico che lo capisce e contraccambia con rispetto. Averne. Sicuramente da consigliare a tutti quelli che dalla musica e da un concerto cercano il massimo: tecnica, passione e divertimento. Cosa volere di più?

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