Musicalmente parlando, il 1998 fu un anno abbastanza prolifico. "Moon Pix" di Cat Power rivoluziona il concetto di Indie-rock, "Slide" si riconferma ennesimo capolavoro di Lisa Germano e Tori Amos dà una svolta alla sua carriera con l'accessibile "From The Choirgirl Hotel". Pochi conoscono, invece, questo "Whitechocolatespaceegg".

Liz Phair, del resto, non ha mai amato le copertine patinate (almeno fino a quel momento; dal 2003 comincerà a ricercarle sfacciatamente), e anzi il programma che sta dietro ad "Exile In Guyville" (suo esordio, 1993) si rivela palesemente "anti-commerciale". La formula è chiara: testi scabrosi e censurabili, immagine provocante ed eccentrica (a metà strada tra Courtney Love e PJ Harvey, per intenderci) e un contralto che può aprirsi a infiniti cambi di tono. Osannata dalla critica specializzata fin dal principio (il lavoro che fece sul primo album fu esemplare: un botta e risposta con Jagger-il-maschilista a colpi di improbabili proposte sessuali), Liz Phair, a partire dal suo primo singolo in heavy rotation ("Supernova", da "Whip-Smart"), si è saputa conquistare uno stuolo abbastanza esteso di fan, nonostante le (non del tutto giustificate) tiepide critiche che accolsero l'uscita del secondo album.

Secondo molti Liz Phair è andata in coma dopo l'uscita del primo album, e dopo il controverso "Liz Phair" è definitivamente deceduta. Ma almeno se ne è parlato. Almeno "Why Can't I?" ha imperversato in America qualche anno fa. Ma chi ha mai citato "Whitechocolatespaceegg"? Chi è riuscito ad ammettere che ci troviamo di fronte a uno dei migliori lavori usciti negli ultimi anni ? L'originalità che ha dato vita ha questo l'album ha lo stesso seme di quella che ha partorito "The Velvet Underground & Nico" o i primi album dei Pink Floyd. E non esagero.

Ascoltate "Baby Got Going", che odora di west, o il grunge della title-track. Lasciatevi pizzicare dalle corde di chitarra di "Perfect World" e ammaliare dalla sonnolenta trance di "Headache", cantata con una svogliatezza che è parente neanche troppo lontana del canto di Lunch.

Il pop stratificato di "What Makes You Happy", estraneo ai manierismi dei Garbage, anticipa quei sentieri che diverrano cari a Phair da lì a pochi anni. L'America rurale, quella del Sud, è rispolverata dalle vicende di onore di "Uncle Alvarez", ma il canto epico su cui si schiude la gemma che è "Shitloads Of Money" è davvero senza tempo. Liz Phair è cresciuta. Con una gravidanza alle spalle (lo "Space Egg" del titolo è un riferimento affettuoso alla testolina del figlio neonato), ha abbandonato perfino (ma non del tutto) la volgarità che l'aveva resa celebre. E sceglie di fare quello che le riesce meglio.

Cantare.

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