Kimi Karki è diventato Peter Inverted. Mentre militava nei Reverend Bizarre, ha continuato a portare avanti il suo secondo progetto, la band prog rock "Orne". Nel 2007, abbandonato il "reverendo" ha deciso di intraprendere un nuovo viaggio, quello alla guida dei Lord Vicar, trasformandosi in "Inverted".
L'insaziabile voglia di scatenare la sua chitarra lo ha portato a lavorare in quest'ulteriore progetto, che riprende chiaramente le orme dei Reverend Bizarre. I Lord Vicar infatti, suonano un doom roccioso, potente, figlio della commistione di Cathedral, Candlemass e proprio del reverendo. Non è il doom dei My Dying Bride, ne tantomeno quello esistenzialista dei primi Anathema.
"Fear no pain" è il primo lavoro in studio, dato alla luce nel novembre del 2008: un disco dove non troverete innovazioni, dove non troverete nessun tipo di stravolgimento del genere doom. I LV non inventano nulla, ma rielaborano in una forma aggressiva e convincente, attraverso scelte ben precise: doom metal dai tratti fortemente epici e con un minutaggio che si rispetti. Imprescindibile in questa "filosofia" la sei corde di "Peter Inverted", che monopolizza l'intero cd, a volte andando anche oltre, come nell'iniziale "Down the nails" e in "A man called horse", probabilmente le due canzoni meno riuscite del platter. Ma a sopperire a questo difetto e a far dimenticare la non originalità della proposta, subentra il ritmo incalzante e fortemente impregnato di pathos di pezzi quali la splendida "Pillars under water", "The last of the templars" e "The spartan".
La band di Turku (Finlandia) si districa tra temi come l'occultismo, la storia, la religione, la perdita, il dolore: proprio quest'ultimo catalizza la finale "The funeral pyre", l'unica che discosta dal tono ferroso delle restanti song: un pezzo più vicino al doom classico, dove spunta anche un arpeggio acustico dal rimando malinconico, su cui il singer Chritus (Christian Lindersson, gia ex dei Count Raven), dipinge linee vocali perfette. Un elogio va proprio al cantante, capace di adattarsi ai toni epici della band, ma bravo anche a cambiare registro in diverse occasioni. Egli tocca l'apice proprio nei quattordici minuti di "The funeral pyre", highlight del cd.
"Fear no pain" è un lavoro che non ha nessuna carica sperimentatrice e che difficilmente colpirà chi non ama il doom più classico ed epico. Eppure, in un genere che prima era di nicchia e che ora è diventato inflazionato, il primo disco dei Lord Vicar si segnala per una qualità globale elevata. Un cd capace di spazzare via quasi tutto quello che puntualmente le case discografiche ci propongono come le "nuove rivelazioni".
1. "Down The Nails" (8:00)
2. "Pillars Under Water" (5:06)
3. "Born Of A Jackal" (7:21)
4. "The Last Of The Templars" (8:52)
5. "The Spartan" (10:36)
6. "A Man Called Horse" (10:04)
7. "The Funeral Pyre" (14:25)
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Altre recensioni
Di Hellring
Proprio in ciò sta il vero punto debole dell'album: una commistione potente quanto poco originale.
Gli ultimi due pezzi del disco sono di tutt'altro spessore rispetto alla qualità generale che li precede.