Ciao ragazzi/e, riprendiamo il filo delle mie recensioni musicali, al ritorno definitivo dalle mie ferie sarde ed aostane (penso di potervi finalmente dedicare più tempo!), con una tematica forte, ma degna d'essere tratta con Voi, e per Voi, nella stagione autunnale della mia "mission": questa volta si parla di chi vince e, soprattutto, di chi perde, ci si interroga dei "se" e dei "ma" della storia non vissuta, e forse non scritta, di "come sarebbe potuto andare se", ma non è andato proprio. O sarebbe andato comunque.

Si parla di chi è stato sfiorato dal riflettore del successo, per finire solo per ciò nell'ombra più nera, e nel dimenticatoio, senza la consolazione di un Omero che cantasse anche della rovina di Troia e della morte di Ettore, oltre che dalla furia del Pelide e dell'armata degli scornacchiati greci.

Vorrei essere nella testa di Luciano Ligabue, nei prossimi giorni, quando terrà una serie di concerti nell'Arena di Verona, ed immaginare che pensa (se pensa): si chiederà anche lui quanti sono morti e sono stati dimenticati nell'erezione dell'anfiteatro, quanti gladiatori hanno visto la polvere e la gloria fra quelle quattro mura, senza che nessuno ne rechi il nome, quante pietre dell'edificio sono state divelte dal tempo ed utilizzate per abbellire le facciate dei palazzi del corso, snaturando la loro funzione, quanti sono usciti delusi dai vomitoria per una stecca della cantante lirica più o meno in voga, malignando sulla sua inclinazione agli uomini ed all'alcool, anche se mai provata.

Soprattutto, vorrei essere nella testa e negli occhi di Ligabue quando, all'accendersi delle luci del palco ed all'acclamazione di un pubblico adorante, si sentirà un contemporaneo gladiatore del sogno (ma fin quando? Diverrà mai modernariato come Elvis o Roberto Satti? Invecchierà prima lui o il suo pubblico?), obliando, nella carica di essere il centro di tutto, di essere colui che racconta le vite degli altri e conferisce espressione al non detto di chi lo ascolta, quanto avvenuto nella lontana estate del '90, dopo il consumarsi di notti magiche ed orecchioni, nell'incipiente autunno di una stagione in cui la Juventus era guidata da Maifredi ed io, assieme ad una accozzaglia di individui/e, mi dedicavo alle sedute spiritiche col bicchiere.

Ricorderà, Luciano Ligabue (tra palco e realtà, tra John Mellencamp e la balera), di aver vinto un Festivalbar all'applausometro, in quella stessa Arena, sconfiggendo le Lorimeri?

Nessuno di voi rammenterà troppo bene di questo simpatico duo (forse, in odore di lesbismo, ma non sono sicurissimo; controllate) e del divertente rappettino ai macaroni di "Tell Me Why (Dimmi quando te ne vai)", ma io me lo ricordo eccome, e ve lo restituisco, ergendomi - si parvula licet - ad "Omero delle Lorimeri" (c'è pure l'allitterazione). O, almeno, a Vincenzo Monti gran traduttor...

Fautrici di una musica sincopata, in cui i l'incedere rap o ska si fondeva con ritmi reggaeggianti e venature salsa e calipso, accompagnando il tutto con toni "in maggiore" che conferivano quel tocco di spensieratezza all'insieme, le Lorimeri erano efficaci cantrici di sentimenti semplici, e di un certo orgoglio, femminile/ista ed italico: la già citata "Tell Me Why" (hit di quella breve stagione), sbertucciava al contempo l'esterofilia ed il maschio medio, forse non troppo intelligente per capire, con un liberatorio ritornello che iniziava con "Sinceramente ti direi/ma te ne vai o no?", accompagnato da coretti in contro tempo e da una sezione ritmica dinamica e persistente che - anni dopo - sarebbe stata ripresa dalle Spice Girls ed, in genere, da tutti i gruppuscoli del Girl Power dei tardi nineties (ma, forse, l'Ispirazione è più comune di quel che sembra, e passa tutt'oggi per lo Stivale); non meno bella, nell'album, "Non mi dire no", in cui il debito con il reggae ed il dancehall giamaicano appare evidente, giovandosi di un testo in cui il sarcasmo si fonde in un mantra ripetitivo, ma liberatorio: "Non mi dire nononononono", scemando in un "repeat and fade" che avrebbe fatto gioire i Police e che, tutt'oggi, esalta chi scrive.

Non meno belli, e sempre nel solco di orgoglio, ironia, sfacciataggine e divertimento, gli altri brani, fra cui raccomando in rapida rassegna, per non tediarvi troppo, "Diamoci una mossa" e "Ragazze".

Non so che fine hanno fatto le Lorimeri, ma mi piacerebbe immaginare dove si troveranno quando Ligabue salirà su un palco che, in un altro Universo, sarebbe stato il loro: in pizzeria, ad un corso di aerobica o di danza creativa, di recitazione o mimo, oppure a casa davanti ad un dvd o all'estero, a divertirsi mentre io sono chino al lume, a scrivere. So solo che mi piacerebbe essere con loro, nel tinello della loro cucina o nel salotto di casa, e farmi cantare dal vivo "Tell Me Why", piuttosto che - massimo rispetto - con il Liga; non è questione di musica, forse, ma di destini: ed il destino di chi viene solo lambito dal successo, nella sua alterità, è più interessante, e vivo, di quello di chi il successo lo coglie, sentendosi magari al centro di tutto, in un anfiteatro che ha visto morire i suoi costruttori, i suoi avventori, i suoi cantanti, sopravvivendo a generazioni di gladiatori o simboli della contemporaneità, già morti mentre erano in vita.

Epicamente Vostro,

 

Il_Paolo
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