Sono quasi le 8 di sera a Sogliano al Rubicone, piccolo paesino sperduto tra le colline in provincia di Rimini. Il panorama, con uno splendido tramonto, è di quelli da togliere il fiato ma la maggior parte delle persone che affollano il piccolo centro storico non presta attenzione. Tutto il paese è stato preso d'assalto da gente che fino ad allora probabilmente non ne aveva mai neanche sentito parlare. Ai lati delle strade sono arrivati ormai da un paio d'ore venditori di t-shirts bianche con una banana gialla stampata sopra... la folla è radunata interamente davanti Piazza Matteotti, ma non può accedervi per via della transenne. Tutti hanno in mano un biglietto.
Sono le 8, si può lentamente iniziare ad entrare. La piccola piazza è occupata da un palco allestito per l'occasione, numerose file di sedie di fronte al palco circondate da transenne e un anello di posti in piedi a circondare il tutto. Passano i minuti e la piazza comincia lentamente a riempirsi. Sono le 9, l'evento della serata dovrebbe iniziare in questo momento ma la piazza non è piena nemmeno a metà. Gli organizzatori e gli addetti alla sicurezza cominciano a dare segni di nervosismo, i minuti passano e la gente continua ad arrivare, magari con tanto di pizza e birra in mano ("idioti -comincio a pensare tra me e me- portate un po di rispetto e sedetevi, cazzo"). Alle 9.40 comincio ad avere seriamente freddo, seduto sulla mia seggiolina posto n 220, perfettamente centrale e di fronte al palco, comincio a tremare. Un po per il freddo sempre più acuto ("accidenti a me! perchè ho portato dei vestiti così leggeri???") e un pò per la rabbia che continua a crescere: l'addetto alla sicurezza continua a sbraitare che sono vietate foto e registrazioni video/audio ("ma vaffanculo scimmione, ho pagato 60 euro, non posso nemmeno fare una fotina senza flash???") e molti di quelli che hanno prenotato posti a sedere se ne stanno ancora in piedi a farsi i comodi loro ("Giuro che li ammazzo...").
Sono quasi le 10 e all'improvviso i lampioni si spengono, facendo cadere il buio sulla piazza. Parte un boato dalla folla e chi è rimasto in piedi corre a cercare il suo posto ("Bravi bravi, adesso correte eh? Spero che ve l'abbiano fregato"). Sul palco cominciano a salire dei musicisti, sette in tutto, più alcuni tecnici. Ogni musicista va ad occupare il suo posto, il boato del pubblico continua a crescere, io cerco con lo sguardo l'uomo che aspetto di vedere da mesi. I'm Waiting for the Man non è mai stata tanto appropriata come in questa occasione. Da dietro le quinte, finalmente, arriva Lui: Lou Reed sale sul palco, camminando a passi lenti, quasi barcollando. Indossa una t-shirt nera, un paio di Jeans, Un'enorme collana di metallo al collo. Il suo volto è segnato dagli anni selvaggi che vanno dal periodo della factory con Warhol fino alla fine degli anni 70, prima della "redenzione", un paio di occhiali da vista ha sostituito quelli da sole, i lineamenti sono sempre più marcati col passare degli anni. sembra avere molto di più dei suoi 69 anni.
Finalmente vedo dal vivo l'uomo che ha fondato i Velvet Underground, il poeta del rock, colui che ha attreversato l'inferno fatto di elettroshock e delle peggiori droghe e ne è uscito pieno di cicatrici ma pur sempre vivo, ed ora è pronto a trasformare questo inferno in rock'n'roll, come ha sempre fatto, come farà sempre. Ed è quello che ha fatto in quella sera del 23 Luglio 2011 a Sogliano al Rubicone, minuscolo paesino romagnolo: ha trasformato l'inferno del suo passato in Rock'n'Roll e l'ha gettato violentemente addosso al suo pubblico, con una potenza immane, che ogni giovane artista contemporaneo può solamente sognarsi, perchè il suo modo di fare Rock'n'roll ancora deve essere compreso e sicuramente (purtroppo) se ne andrà con lui.
Che senso ha cercare nuovi gruppi e nuovi giovani del rock, quando c'è ancora Lou Reed che con 3, ah no, scusate! 4 accordi riesce a racchiudere tutto il Rock del quale ogni appassionato può avere bisogno? Che senso ha piangere e celebrare Jim Morrison, che sono 40 anni che se lo mangiano i beghi, quando Lou Reed è ancora vivo e attivo, e ancora oggi, come 40 anni fa, sicuramente gli darebbe una pista e mezzo? Eppure c'è chi quest'estate se l'è perso, nonostante gli 8 concerti italiani e... bè, mi dispiace tanto per chi se l'è perso, perchè si è perso il più grande, il migliore. Perchè dopo 45 anni di carriera, dopo gli onori e la gloria e nonostante le critiche e la malattia che lo affligge, Lou Reed non si ritira (come avrebbe il sacrosanto diritto di fare) e decide di continuare ad andare in tour, perchè dopotutto ha ancora un rock'n'roll heart.
Lou Reed non è uno strabollito David Bowie, che ha indossato una maschera per tutta la carriera, poi se l'è tolta ed è andato in pensione, Lou Reed non ha mai avuto bisogno di maschere, non ha mai fatto finta. Lou Reed è sempre e solo stato se stesso. Niente di meno e niente di più. Anche in questa serata Lou Reed è stato se stesso. I musicisti partono con la prima nota del concerto, lui li ferma violentemente con un gesto della mano e si rivolge al pubblico "I want to dedicate this show to Amy Winehouse" e poi via con "Who Loves The Sun" direttamente da "Loaded", quarto album dei Velvet Underground, mai eseguita dal vivo da Lou solista. Segue "Senselessly Cruel" direttamente dal 1976, durante la quale Lou alterna le parti cantate ai saluti verso il suo pubblico... una versione così bella di questo pezzo non la faceva nemmeno 35 anni fa. Meravigliosa.
Segue a ruota libera la vera sorpresa della serata: "Leave Me Alone", eseguita solo in questa data del tour, violentissima, estremamente rock'n'roll e con i cori perfetti. Puro Rock, Puro Lou Reed. A questa prima parte rock'n'roll segue una seconda parte decisamente più sperimentale e all'avanguardia: prende il via con una tiratissima "Ecstasy", dall'album del 2000 (uno dei migliori) durante la quale Lou si cimenta in un delizioso duetto col batterista Tony "Thunder" Smith, prosegue con "Street Hassle", eseguita in tutte e 3 le sue parti, ricca di assoli e con un grandissimo lavoro di Tony Diodore al violino. Il tutto si chiude in modo epico... la versione di "Venus In Furs" eseguita non fa rimpiangere quella dei Velvet, e non scherzo: distorsioni, melodia opprimente, un lavoro eccelso alle percussioni ed ai bassi. Capolavoro.
Chiusa la parte centrale, inizia la parte acustica, quella più intima del concerto, con delle versioni voce e chitarra di due dei più grandi classici di sempre: "Sunday Morning" con dedica ad Amy Winehouse nel testo (su youtube si trova il video) e "Femme Fatale". Pura poesia. Poi di nuovo il vero rock, quello per cui tutti erano lì. "Waves Of Fear", dall'album "The Blue Mask", sempre potentissima. "I Want To Boogie With You", indescrivibile, veramente. Il Sax perfetto di Ulrich Krieger, i cori, le chitarre... un sogno. Dopodichè un'intro strumentale, così maledettamente nota, così familiare... eppure suona strana, mi sembra riadattata... è.. oddio... questa viene da Rock'n'Roll Animal, questa è "Sweet Jane"... non sono deluso, finalmente una versione di Sweet Jane che abbia senso di esistere, chiude un concerto perfetto.
Tre Lou Reed diversi in questa serata: quello rock, quello sperimentale e il poeta. Che altro chiedere di più? Semplice: i bis. Incuranti degli strilli dei gorilla messi alla sicurezza, ci alziamo in massa, li scavalchiamo e siamo tutti sotto il palco a gridare a Lou di tornare in scena... e lui lo fa. "Charley's Girl": rock'n'roll, da ballare, per scatenarsi... semplice rock'n'roll, ma a noi piace. "The Bells", forse la sua più bella canzone di sempre, sperimentale, all'avanguardia, lunghissima, testo stupendo. Chiusura definitiva con un nuovo momento acustico, questa volta tocca a "Pale Blue Eyes", la più bella canzone d'amore di tutti i tempi. Gli sono talmente vicino che oltre a fargli una marea di foto ("fanculo agli organizzatori") riesco a cogliere ogni espressione del suo volto, persino quando sbuffa, nervoso per non riuscire a finire come vuole, l'ultima strofa del pezzo.
Il concerto finisce (stavolta per davvero) Lou se ne va e ci lascia nel cuore un ricordo indelebile: lui il rock l'ha visto nascere, lui il rock lo suona da sempre... in questa piccola grande serata, in questo paesino sperduto, Lou Reed ha mostrato al suo pubblico cos'è per lui il rock, e mi dispiace davvero per chi lo critica, mi dispiace davvero per chi lo cansidera un bollito. Non sapete cosa vi siete persi. Here comes Lou Reed Baby. Un grazie a tutta la band: Aram Bajakian alla chitarra, Tony Diodore, chitarre e violino, Kevin Hearn alle tastiere e chitarre, Rob Wasserman ai bassi, Tony Thunder Smith alla batteria, Sarth Calhoun ai computer ed un grazie speciale ad Ulrich Krieger. Se qualcuno ha il bootleg della serata lo condivida, la buona musica non è fatta per stare in un cassetto.
Elenco tracce testi e video
04 Ecstasy (04:25)
They call you ecstasy
nothing ever sticks to you
Not velcro, not scotch tape
not my arms dipped in glue
Not if I wrap myself in nylon
a piece of duct tape down my back
Love pierced the arrow with the twelve
and I can't get you back
Ah, ecstasy
ecstasy
Ah, ecstasy
Across the streets an old Ford, they took off its wheels
the engine is gone
In its seat sits a box
with a note that says, Goodbye Charlie, thanks a lot
I see a child through a window with a bib
and I think of us and what we almost did
The Hudson rocketing with light
the ships pass the Statue of Liberty at night
They call it ecstasy, ah
ecstasy
Ecstasy, ah
ecstasy
Some men call me St. Ivory
some call me St. Maurice
I'm smooth as alabaster
with white veins runnin' through my cheeks
A big stud through my eyebrow
a scar on my arm that says, Domain
I put it over the tattoo
that contained your name
They called you ecstasy, ecstasy
ecstasy
They call you ecstasy, ecstasy
ecstasy
The moon passing through a cloud
a body facing up is floating towards a crowd
And I think of a time and what I couldn't do
I couldn't hold you close, I couldn't, I couldn't become you
They call you ecstasy, I can't hold you down
I can't hold you up
I feel like that car that I saw today, no radio
no engine, no hood
I'm going to the cafe, I hope they've got music
and I hope that they can play
But if we have to part
I'll have a new scar right over my heart
I'll call it ecstasy
Oh, ecstasy, ecstasy
ecstasy
Ecstasy, ecstasy
ecstasy
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Altre recensioni
Di Night87
'Ecstasy' è straordinario sia sotto l'aspetto musicale che sotto quello lirico, presentando un artista maturo e consapevole.
La title-track è quasi mistica nel suo incedere e minimalismo, mostrando soluzioni diverse dal passato.
Di Lesto BANG
Lou Reed cita se stesso e lo fa in maniera noiosa e ripetitiva pur mantenendo quel minimo di dignità interpretativa che un personaggio del suo calibro DOVREBBE assolutamente garantire.
Nel cuore ho un buco grande come un camion.