Lou Reed e i Metallica: quante cazzate che sentiremo in giro. Questo disco non andrà giù ideologicamente a molta gente: si scomoderanno professori decrepiti e illustri filologi della storia del rock, metallari nostalgici fermi a 25 anni fa, depressi e insulsi reietti dell’era preistorica del rock, quando Lou Reed faceva le marchette.

Quante chiacchiere sentiremo, quanto basterebbe prendere in mano questo disco e ascoltarlo e mettere a tacere gli istinti di pedanteria bovina che rovinano la musica, che è immediatezza, epidermia e come tale non vuol essere rinchiusa in nessuna cazzo di ideologia!!!

Le note partono pesanti e solenne, la musica incede in modo sotterraneo. Su questa melodia da apocalisse si innesta la voce di Lou Reed, implacabile litania reppata in una sorta di connubio insolito e affascinante. E’ The View, il singolo estratto da questo lunghissimo e tormentato lavoro tra i Metallica e Lou Reed. I Metallica in veste filosofica-esistenzialista non li avevamo mai visti ne sentiti, e un Lou Reed così metallico era dai tempi di “Sister Ray” che non lo ricordavamo. Lulu’ non è metal chiariamo questa cosa: è un rock malato e tormentato, nichilista e oscuro , profetico e allucinato. Nel metal difficilmente ci si imbatte in discorsi tanto ambiziosi. Basta prendere la terza traccia: Pumping Blood, un capolavoro assoluto, per capire di cosa stiamo parlando. Non c’è linearità nella narrazione, ma sotto una coltre metallica e alienante si dipana la narrazione allucinata del settantenne Lou Reed. Un crescendo inarrestabile, che ti tira in un vortice di devastazione spirituale, in un vuoto in cui sono le visioni di Lou Reed e i suoni acidi e apocalittici delle chitarre a tirarti dentro questa spirale di autodistruzione. Impossibile non tornare indietro con gli anni a “Sister ray”dei Velvet Underground, impossibile rimanere impassibili di fronte a tale sublime forza narratrice, in grado di evocare la peggior iconoclastia della storia della musica.

Un lavoro lunghissimo questo Lulù, un viaggio lungo e difficile nella visione nichilista di Lou Reed, che coinvolge i Metallica in questo viaggio agli inferi. “Mistress Dead” è un altro itinerario allucinato e malato. La melodia è ossessiva e cupa e la voce di Lou Reed cadenza la totale rarefazione dell’aria. Non c’è luce ne aria in questa traccia. Splendida esecuzione in stile velvettiano, con i Metallica in grande forma a picchiare duro. Fatta eccezione per la prima traccia di approccio, “Brandeburg Gate”, la prima parte del disco è davvero superlativa, un viaggio inarrestabile verso questo pandemonio esistenzialista. Impossibile non pensare a “Berlin” e ai Velvet Underground, fuse perfettamente con le sonorità dei Metallica. “Iced Honey” è l’unico pezzo dell’album che ha il sapore e la struttura di una ballata rock, bella e solida, che richiama molto le melodie di “Ecstasy” . Una boccata di ossigeno in un oceano di tormento. “Frustation” è un altro capolavoro, fatto di paranoia e di rabbiose ripartenze. Poi c’è “ Little Dog”, altro pezzo splendido, in cui il cantato di Lou Reed si fa spazio tra le chitarre smorzate, in uno scenario sonoro molto affascinante. Poi c’è “Junior Dad” , capitolo forse un po prolisso ma splendido, questa volta in pieno stile Metallica ultima decade.

Tiriamo le somme: "Lulù" è un lavoro difficile che si presta a varie interpretazioni. Di sicuro questo lavoro ha una propria anima: che è quella tormentata e sotterranea di Lou Reed e quella sudicia e robusta dei Metallica. Una sintesi ben riuscita. Buon ascolto e lunga vita a Lou Reed. Anche il metallo ha un’anima. E’ quella di questo settantenne. Ma ce li avrà poi davvero settant’anni?

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