Dopo l'esperimento, interessante ma non riuscito, di "Don Giovanni" (1986) e dopo la fiacca parentesi di "L'apparenza" (1988) e la conseguente sperimentazione (un pò meno sfilacciata) di "La sposa occidentale" (1990) Battisti centra il capolavoro: "Cosa succederà alla ragazza". Il processo di sfaldamento musicale è ormai stato portato a termine. Messe al bando chitarre e pianoforti Battisti compone canzoni solo grazie a strumenti elettronici di altissima potenza precisionale: le tastiere diventano 'a programmazione'; le chitarre sono ritmiche; gli arrangiamenti sono metallici e fantascientifici. Le melodie classiche e misticheggianti (che erano state l'asse portante del "Don Giovanni") spariscono e, definitivamente, muoiono. La ritmica è dura, durissima, quasi insostenibile: i testi di Panella più che ermetici sono folli e la voce di Battisti è aspra e acidella. Una vera e propria rivoluzione: il pubblico non gradì e fece precipitare l'album nelle zone basse della hit parade. Difficile, in effetti, amare questo album al primo ascolto: le canzoni, bellissime, non presentano nè ritornelli nè strofe ammiccanti, solo un guazzabuglio di parole e pensieri. Emozioni totali si fondo a idee e concetti spesso astratti e volutamente confusi, le metafore si fanno oscure e il pop sembra dover soffrire, forse un pò troppo, sotto i colpi di un rinnovamento sostanziale e freddamente logico. Non ci sono soluzioni, non ci sono linee di demarcazione: "Cosa succederà alla ragazza" è arte, arte difficile da acchiappare, arte difficile da comprendere. È come un dipinto di Picasso, sai che è bello ma non ne capisci a fondo il perchè. È come la vita: vale la pena di essere vissuta, ma non sai bene il perchè.

"Cosa succederà alla ragazza" è in effetti una delirante concezione del mondo e della vita. Lo si capisce soprattutto ascoltando i brani meno comprensibili, "Però il rinoceronte" ad esempio. "E si dovrebbe vivere lontani per non essere creduti se si dice, ti è nato un disinganno mai allevato che è grosso come un bue": in questo verso, fra l'altro superbamente composto da sintassi e articolazioni divine, c'è tutto il senso, e forse di più, dell'album. È l'amore, quindi la vita stessa, a muovere l'uomo: potrà anche essere una banalità, ma di sicuro, il linguaggio utilizzato per dire questa banalità, è geniale nonchè originale. Filosoficamente l'album è pregno di idee e concetti talvolta estremi (vedi la canzone che dà il titolo all'album), ma molto spesso si sfiora l'estro e l'estasi: "Tutte le pompe" è un capolavoro di purissima arte. Il suono duro e puro della batteria batte costantemente, e in maniera sempre vibrante, su un testo all'apparenza folle in verità molto sincero: "Una lady s'incendia un pò per sfizio, un pò per gaudio immenso anticipato, e il suo marito in cravatta con la lingua, diventa un calamaro così che non sfiguri". Gli arrangiamenti, curati da Gregg Jackman, Richard Lowe e Howard Bargroff, veleggiano verso suoni e melodie più vicine all'hip hop di fine anni Ottanta (ormai l'hip hop di terza categoria) con sorprendenti aperture verso sonorità più armoniose e stranamente molto vicino ai suoni underground di certe periferie americane. A spezzare la durezza, e in parte l'asprezza, ci pensa un brano bellissimo, "La metro eccetera". Stranamente meno duro e meno underground, "La metro eccetera" è, forse, uno dei brani più riusciti dell'intera carriera di Battisti. Musiche techno con interessanti aperture canore degne del miglior Battiato (quello di "L'era del cinghiale bianco"), si tratta di un brano estremamente orecchiabile, volutamente piatto e melodico, in cui, caso più unico che raro, il testo di Panella evita di essere sia ermetico sia incomprensibile. Incredibile come il poeta Pasquale (nessuno lo ha mai chiamato così, è una mia esclusiva) sappia descrivere, con termini oscillanti fra il semplice e l'aulico, il viaggio di una metropolitana fra una stazione e quella dopo. Squarci di notevole seduzione aprono, e subito chiudono, l'intenso brano: l'entrata in scena di una bella donna sembra un miraggio manicheo nel più degradato squallore metropolitano urbanistico ("In un soffio di porta fa l'ingresso la bella incatenata a testa alta, mentre i passeggeri sono entrati, col capo chino e l'umiltà dei frati. Bella incatenata dai suoi stessi ormeggi, la cinghia della borsa, e stringhe mosce e fascie di camoscio e stratagemmi, dei morbidi tormenti d'organzino"). Stecca, ahimè, il ripetitivo finale ("Cosa farà di nuovo", inutile negarlo, delude, e pure parecchio), mentre Andy Duncan, produttore dell'album, supervisiona magistralmente l'intero lavoro.

La copertina, bianca e fulminea, è l'ennesima prova di coraggio e indipendenza da parte di un grande artista, Battisti, capace (un pò per furbizia, un pò per bravura) di farsi rispettare da discografici e case di produzione (produce la gloriosa Columbia). La musica, dopo "Cosa succederà alla ragazza", non sarà più la stessa. Un bene o un male? A "Hegel" l'ardua sentenza.

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