Rece A:
Con il pretesto di una cena tra borghesi continuamente rinviata (non si consumerà MAI in tutto il film) con questo "Il Fascino Discreto della Borghesia", il Maestro Luis Buñuel firma una strana commedia visionaria, folle, graffiante e piena di sarcasmo verso la borghesia e i finti valori che vorrebbe incarnare: i ricchi imprenditori (corrotti, traditori e narco trafficanti), il clero (con più passione per le piante piuttosto che per gli uomini), l’esercito (pecorone e ottuso come pochi).
Un film assolutamente imprevedibile che si dipana in soluzioni visive e concettuali stranianti e davvero pionieristiche, che ne stravolgono spesso il senso elevando la realtà a vero e propria parodia. Memorabili tra le altre: la scena degli invitati che si ritrovano a mangiare il tanto desiderato tacchino per poi scoprire che è di cartone e scoprire poi, scansando una tenda, di essere al centro di un palco all’interno di un teatro e quella del fantomatico monsignor Dufour che, entrando in scena, dice: “Avevo una macchina, ma l’ho venduta per aiutare i poveri”. Davvero allucinante poi gli incubi del soldato, la vendetta del monsignore che ammazza a fucilate l’assassino dei suoi genitori negando di fatto il Perdono, i carcerieri-zombie che tornano in vita in un tripudio di follia e non sense da farci inchiodare al teleschermo.

Un film sospeso tra sogno, incubo e realtà dove i piani si sormontano e dove ci si perde nel voler cercare a tutti i costi un senso: metafora dell’assurdità della vita stessa. Vinse l’Oscar nel 1972 in un tripudio di scandalo nell’aver sbeffeggiato i cardini della società di allora. Film geniale nella sua linearità, implacabile e acuto e con una libertà di visione creativa tutt’ora raramente raggiunta. Certo, è un film imperfetto con alcune lacune e scene datate (certi comportamenti borghesi appartengono ormai al secolo scorso) ma è indubbia la genialità della testimonianza ultima del geniale regista francese. Un film che affascina e che amalia come pochi e che spesso lascia opinioni contrastanti. Voto: 5 stelle.
Stronko

Rece B:
Si ma checcazzo di film è questo?! parte quasi in maniera classica e poi si sfalda tra camere ardenti allestite in ristoranti, coppiette conservatrici che vogliono farsi una cenetta e non ci riescono, improbabili vescovi giardinieri, truppe dell’esercito che entrano in casa per mangiare, sosia di Paris Hilton che si ubriacano di Martini, carcerieri zombie santificati, terroriste mute che vendono cagnolini-giocattolo e chi più ne ha più ne metta.

Un film esageratamente forzato dove vale tutto e il contrario di tutto (e perché, visto che ci siamo, non i Beatles vestiti da chierichetti che si abbuffano di Sacher Torte imitando l’Ultima Cena di Leonardo di Andy Warhol con Berlinguer che fa Matteo? A sto punto CHI STABILISCE il nesso e il senso? E se ci mettevo uno spezzone di animazione cartoon cambiava qualcosa? Migliorava o no? E in base a cosa?). Mi chiedo (e VI chiedo): ma non è “fin troppo facile” fare film in questo modo?
Un film talmente “borderline” che, alla fine, stringi stringi ti fa semplicemente esclamare un sonoro “ESTICAZZI?!” senza lasciarti niente o poco in mano. Un film che ti fa rimpiangere la linearità di certe cose di Fellini che, ha fatto spesso una satira per certi versi simile (contro il Potere o la Chiesa), ma con più ironia, più piacevolezza di racconto e meno gratuità.

Un film che a tratti mi piace e a tratti no. Un film che a furia di vederlo per carpirne il Segreto Ultimo mi ha sdoppiato nel giudizio e che ancora oggi mi lascia su posizioni alquanto differenti. Voto: 3 stelle.
Lesto BANG

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