Come chi in passato ha già scritto di questo film (mi riferisco a Stoopid) mi guardo bene dall'esprimere un giudizio, ma l'Angelo sterminatore di Luis Buñuel è un'opera che si descrive da sola.

E' stato dopo averlo visto tre volte che mi sono decisa a cercare di capire le  sensazioni e  le riflessioni contrastanti che il regista spagnolo mi ha regalato.

La vicenda narrata è colma di simboli, tutti volti a sottolineare una divisione sociale arrivata agli sgoccioli, un immiserimento totale della borghesia, allusioni sulla religione, sull'esistenzialismo e sulla politica, sulla psicoanalisi ecc...

E' complesso entrare nel vivo del film perché questa serie di argomenti sono trattati in chiave surrealista, da un regista che esce fuori da ogni schema.

La didascalia finale recita : "Poi l'agnello di Dio salirà all'altare. E' l'ultimo giudizio, la gabbia che imprigiona il peccato si chiuderà per l'ultima volta e sarà per l'eternità".

Nella mia mente di fanciulla tutto quell'ambaradam di persone prima distese e compite, dopo impazzite e sgualcite mi ha illuminata. Se tutto era basato su una necessaria critica alla società, alla collettività, essa è rivolta ad ognuno di noi, a noi stessi.

La mia mente è un susseguirsi infinito di pensieri che si scontrano tra di loro, una lotta continua tra le diverse sfaccettature della personalità.

Se il salotto rappresenta la gabbia nel film, l'inferno, la lunga eternità, mi sono fermata a pensare che la mia gabbia e il mio inferno è la mia mente.

Le lunghe eternità durante le quali siamo prigionieri di noi stessi, dubbiosi, rabbiosi, confusi, ingiusti, critici, malvagi, vendicativi, comprensivi, felici, insani.... e non riusciamo a fermare il caos. Esso regna sovrano, inizia a  mietere le sue prime vittime, e quando pensi di poterlo fermare, non ci riesci.

Sei nella tua testa.

Fuori non piove affatto ma dentro è come una bufera, e sei nel più gelido dei paesaggi. In periodi particolari dell'esistenza è come sentirsi in trappola, claustrofobici, nel nostro stesso corpo.

Buñuel  rompe la monotonia di persone standardizzate, poste in alto a una società senza un motivo, e le pone su un precipizio, che non è altro che una porta, che loro non riescono ad attraversare.

Nella condizione di dover uscire, essi cedevano il posto l'uno all'altro, divenendo così, uno nemico dell'altro. Ma, a pensarci bene, il peggior nemico di noi stessi non siamo proprio noi?

"Fragile impasto di sordidi vizi, colpevoli debolezze, splendide virtù, l'uomo reca in sé la propria condanna e la propria salvezza. La sua stessa anima è la gabbia che lo terrà prigioniero fino a quando l'angelo sterminatore verrà a separare l'innocenza dal peccato, l'umiltà dalla superbia, l'odio dall'amore".

Al di là di ogni suggestione, ho davvero apprezzato questo film (forse più di altri dello stesso Buñuel) e consiglio caldamente chiunque a vederlo.   

Beh, posso chiedere un piacere a quello dietro di me??? Spingimi fuori...

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