Lustmord sa bene come fare il suo lavoro, così come sa perfettamente quali sono gli elementi chiave che fanno del dark ambient, genere sbeffeggiato ed accantonato, un autentico enigma silenzioso e contorto. Lustmord è un artista a sè, solitario, fuori dagli schemi e anche un po' menefreghista: fa solo ciò che gli pare e piace, se ne strafrega delle regole, perchè quando si tratta di lui e del suo modo di concepire l'atmosfera disfando ogni presupposto melodico/musicale, allora non c'è posto per nessuno. Ascoltando i suoi album ho capito che il dark ambient non è affatto il semplice macinare gorgoglii per un'ora e mezza di fila; il dark ambient, quello fatto bene, sa essere criptico nei suoi risvolti quanto polimorfo nelle sue strutture, pur rimanendo estraneo a qualsivoglia forma di melodia -con alcune eccezioni.

Nei brani di Lustmord e specialmente in questo "Carbon/Core" nulla è lasciato al caso: è tutto un lento nascere, evolversi e dissolversi, ogni brano (prevedibilmente lungo) ha una sua forma, un suo sviluppo e soprattutto un suo contenuto, è vivo e si muove come un pulsante corpo gassoso che si dimena nello stereo. Se "Purifying Fire", da me recensito, incarna(va) il lato distante e siderale dell'anima di Lustmord, "Carbon/Core" ne rappresenta invece il cuore più sottomarino e minaccioso; gli effetti, le distorsioni e le dilatazioni elettroniche si avviluppano e fremono senza mai schiudersi del tutto e per questo effondono sorde ed ovattate eco, capaci di turbare l'ascolto evocando immensi fondali marini screziati da sporadiche venature di luce. L'atmosfera, quella non manca di sicuro.

L'andamento dei brani è ovviamente contenuto e privo di qualsiasi ritmica, mentre la struttura degli stessi è un vero e proprio puzzle di effettistiche, le quali spaziano dalle vibrazioni schiumose ed indefinite alle centellinate melodie sempre più latenti e borbottanti, da protesi rimbombi a sussulti metallici scheggianti. Tali exploits si aggrappano ad un filo conduttore limpido e compatto, e di conseguenza tutti i brani risultano ciclici, compiuti e mai inconcludenti nonostante la loro durata. "Immersion", ossia l'opener, ha un titolo adatto alla sua portata, con quel mix di muti ronzii e di inondazioni elettroniche che si interrompono bruscamente durante il climax; "Beneath" è una grotta marina dove luci ed ombre giocano con le paure più intime dello spettatore; "Born of Cold Light", vero highlight del disco, è quasi rilassante nel suo raggelante candore, accompagnato da un muro di cori gregoriani che svuotano momentaneamente la scena del suo peso minaccioso.

La vera forza di "Carbon/Core" sta ad ogni modo nella sua mastodontica coesione, nonchè nell'abilità dell'artista di gestire con coerenza ed omogeneità i leitmotiv (passatemi il termine) di ciascun episodio, comunque non senza disorientare od affascinare chi vuole vivere a fondo quest'esperienza. Sinceramente non mi sento di consigliare l'ascolto dell'album a nessuno, se non a quelli che già sono avvezzi al genere; chi odia o più semplicemente non apprezza il genere non cambierà di certo idea sentendolo. Ciò non m'impedisce però di assegnargli un voto alto, sia per le sue qualità che per l'importanza che ha avuto nel mio piccolo: Lustmord non è solo un ammasso di elettronica, Lustmord è un morboso viaggio introspettivo, fatto di meraviglia ed inquietudine.

Carico i commenti... con calma