Riuscire a provare emozioni di fronte ad un album dark ambient è spesso un'impresa ardua, paragonabile al coraggio impiegato per tuffarsi a capofitto in un mare nero come la pece e profondo come l'universo stesso. Non ci si può aspettare nulla di scontato da questo genere, specie se si ha a che fare con un artista del calibro di Lustmord e con i suoi vari capolavori e non, in particolare questo mastodontico "Purifying Fire".

Cos'è la musica di Lustmord? Innanzitutto non è esattamente musica dal momento che al 90% dei casi ciò che esalano i suoi album è solo pura ed oscura elettronica, limpida e cristallina ma estranea a qualsiasi forma melodica; eppure nonostante la relativa assenza di una linea melodica costante, le emozioni e soprattutto le atmosfere che grondano dalle sonorità congelano l'ascoltatore in un estatico dormiveglia criogenico.

"Strange Attractor". Mai titolo più appropriato per un brano d'apertura costruito in modo tale da incuriosire il malcapitato i primi minuti con sfavillanti e giocose gocce di onirico etere che fanno capolino dalla tela nera di un dipinto siderale. Uno strano modo per ammaliare lo spettatore che in men che non si dica verrà catturato da un mulinello di suoni spettrali in costante ed inesorabile sviluppo, finchè la paura non verrà mescolata sapientemente alla meraviglia e allo stupore con il muto arrivo di effetti sonori baluginanti e quasi impercettibili creando un mix di atmosfere che non possono non ricordare l'immensità della galassia, le sue luci, le sue ombre, il suo vuoto, l'incessante e perfetto movimento dei corpi celesti perpetuato da chissà quale forza.

Vedere attraverso l'arte di Lustmord è proprio questo: non si tratta solo di semplici rumori e/o elettronica, ma della musica del vuoto silente. Non è il fattore melodia che conta, quanto la scaglia astrale che risiede nella mente di chi ascolta.

E così si proseguirà con "Deep Calls To Deep", resa viva e struggente con quei suoi sbuffi di polvere lunare e con quel contorno di suoni spiccatamente melodici ma appena accennati, nascosti da una distesa oceanica di effetti dilatati ed arcani, mentre con "Deep Calls To Dub", brano decisamente più viscerale e crudo, soffusa e vibrante elettronica saprà orchestrare luce ed ombra con un armonia fredda e distante come Plutone ma minacciosa come una spada di Damocle, ancor di più con l'arrivo di conturbanti cori, maestosi ed agghiaccianti.

Minaccia che prenderà forma con la crepuscolare ed apocalittica "Black Star": vellutate e striscianti ventate caleranno pesanti come un sudario sullo scenario del brano e un corno tibetano accompagnato da distorti ringhi lamentosi lo renderanno ancor più solenne e silenziosamente distruttivo. In tutti i suoi 15 minuti di lunghezza "Black Star" evocherà incolori paesaggi di prati morti solcati da un cielo senza volta. Sprazzi di melodia malinconica e claustrofobica entreranno in scena con "Permafrost", che gioca col lato più emotivo dell'ascoltatore grazie all'inserimento di archi dal suono sporco, secco ed ammuffito, rendendo questo episodio uno dei più particolari e sperimentali dell'album. Suoni ora macchinosi, ora morbidi, ora corrosivi ed annichilenti... Chi non cadrebbe in questo limbo abissale?

Potrei continuare a descrivere ciò che rimane di questo "Purifying Fire" ma finirei col raddoppiare la lunghezza della già tediosa recensione, che purtroppo risulta molto più incentrata sul lato emozionale che su quello tecnico-analitico; tuttavia non può essere altrimenti dato che il genere in questione è estremamente astratto sia nella tecnica (semplice e monolitica) che nei suoi risvolti. Album da ascoltare con mente sgombra e con tanta, tanta pazienza. Magari anche di notte.

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