Gira e rigira, ridendo e scherzando, sono giunto così a concludere la discografia dei misteriosi Lux Occulta (così non vi importuno più) con il loro primo album "Forever Alone. Immortal" datato 1996. Cosa erano dodici anni fa? Erano ancora dei folli sperimentatori amanti delle sonorità Avantgarde/Industrial con un gusto raffinatamente diabolico? Direi proprio di no.
Questo "Forever Alone. Immortal", tra l'altro un titolo maestosamente malinconico, è un disco di Symphonic Black Metal assolutamente anomalo ed imprevedibile, marchiato da ampi e generosi screzi di amara melodia arcana; ma non aspettatevi le sonorità crudeli o più semplicemente "trve" dei Dimmu Borgir iniziali, anche se qualche loro impercettibile influenza si può sentire, tantomeno il vampirismo dei Cradle of Filth, e neppure l'imperterrita e sanguinolenta perfidia degli Anorexia Nervosa. Questi sono i Lux Occulta e nonostante la loro discografia abbia un capo e una coda che non c'entrano affatto l'una con l'altro, l'eccentricità (e forse anche un po' di eclettismo) musicale è da sempre il caposaldo di questo gruppo pressochè sconosciuto e, lo ammetto, poco rilevante nella scena Metal. Eppure, non posso farci niente, il loro stile mi ha sempre colpito.
Ma bando alle ciance, veniamo al dunque; fin dalle prime note di "The Kingdom Is Mine" si può percepire una spiccata e velata vena atmosferica che regnerà sovrana in tutto il corso dell'album e che gli conferirà un aspetto eccezionalmente affascinante, spettrale ma allo stesso tempo mistico e persino dal retrogusto orientaleggiante, grazie ad un largo uso di tastiere sapientemente impastate col resto degli strumenti ed affiancate da un growl/scream direi quasi canonico, ma anch'esso imprevedibile, basti udire i lamenti isterici al termine di questo regale ed imponente brano, lungo quasi sette minuti ma il più breve di tutto il cd.
Difatti ogni canzone è molto lunga, meditata, architettata con estrema meticolosità, ed un esempio perfetto è "Homodeus", ben undici minuti dall'impostazione granitica ed equilibrata: il primo minuto atmosferico è meraviglioso, una nube cristallina e siderea che sfocia lentamente in un mid tempo desolato e sconfortante, destinato ad evolversi in un blast beat e in una melodia aguzza e serpentina interrotta di tanto in tanto da sfuggenti ed eterei intervalli del tutto inaspettati.
Similmente impostata è "Sweetest Stench Of The Dead", che però si presenta più lenta e morbosa, i riffs sono quasi doom e si sente pure l'intervento di un pianoforte soffocato dalla produzione forse un po' grezza. Stupenda l'outro di quest'altra maratona di undici minuti: solo la tastiera, che domina solitaria ed appassita, macabra e decadente, lenta e triste.
Differenti linee melodiche si possono notare ad esempio in "The Third Eye", decisamente più oscura e malvagia ma che si chiude con un flauto ed uno strumento a corde che purtroppo a causa della mia ignoranza non sono riuscito ad identificare, ed in "Apokathastasis" (devo dire che i LO sanno il fatto loro in quanto a testi ed occultismo vario) dove l'atmosfera si fa sempre più affossante e caliginosa.
Tirando brevemente le somme: questo è un disco che praticamente quasi nessuno conosce, ma io, sempre parlando di "de gustibus" e ostiate varie, l'ho trovato interessante e misterioso quanto la stessa band; un condensato di nera magia, un abisso ipnotizzante, un elegante tempio di umida e tetra quiete, un polveroso libro antico mai interpretato, una luce silente, nascosta, sempre sola ma eterna.
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