Non raccontatemi fesserie. Voi lo sapete. Lo sapete meglio di me. Lo sanno anche i sassi. I Lynyrd Skynyrd non esistono più dal 1977. Una favola terminata in un tragico schianto aereo, che ha devastato l'intera band. Nonostante parecchie vite siano state strappate, compresa quello del leader indiscusso Ronnie Van Zant, quel fatale giorno poteva finire decisamente peggio, lo dico senza dover fare ipotesi stupide e offensive. Da lì in poi, milioni di appassionati in tutto il mondo hanno vissuto nel solo ricordo, nel ricordo di uno dei gruppi rock più grandi di sempre, anche per il sottoscritto. Avessero fatto un solo album, uno solo, quello d'esordio, niente e nessuno al mondo gli avrebbero tolto questa etichetta. Non dimenticherò mai la mia prima volta con "Free Bird", dalle prime note iniziali del mellotron fino a quei tre vulcanici assoli di chitarra, da libidine.

Chiusa questa enorme parentesi storica/sentimentale, mi vorrei soffermare su una cosa, ossia il fulcro di questa recensione:

Perché?

Perché...?

Perché riunire un gruppo completamente sfasciato e quasi privo di ogni componente storico, che poi andranno lentamente a perdersi nel corso degli anni? Perché dover incidere nuovi album in studio uno più inutile dell'altro? Perché sminchiare una fede musicale in cambio di qualche soldo? Perché, caro Johnny Van Zant, dimmi, perché?

Una serie di domande che inevitabilmente portano, come risposta, ad una sola parola, la parola che descrive la sintesi di questa messa in scena, che va avanti da più 20 anni. Ma invece di dirvela subito, lascio a voi indovinare qual è. Il primo che ci riesce vince un sacchetto di orsettini gommosi e pucciosi. Nel frattempo, "proverò" a soffermarmi con qualche parola sull'album. Bene..... che c'è da dire? Mmmhh... boh, non lo so, non so cosa dire se non che ogni canzone è più inutile e anonima dell'altra, in un circolo a dir poco infinito, puoi benissimo arrivare fino alla fine dell'album e appena lo ricominci la prima traccia ti sembrerà ancora più inutile dell'ultima. E questa è una cosa che mi è successa veramente. Il problema non è solo il fatto che quest'album non ha motivo né diritto di esistere, perché, se non facciamo caso al nome della band, questo può risultare un sufficiente ed ordinario disco di country/hard rock moderno, quello che piace tanto agli americanotti medi. Proprio come il precedente "God & Guns" del 2009, solo che quest'ultimo era un pelo migliore, ma proprio un pelo. Tutto ciò non giustifica la concentrazione di inutilità che regna sia intorno all'album che intorno al gruppo. Fondamentalmente c'è poco-niente da salvare, visto che ogni canzone viene dimenticata, anzi, rifiutata dalla memoria del cervello nel giro di poche ore. Ci tengo anche a dire che "Good Teacher" è una delle canzoni più irritanti e fastidiose che ho sentito durante quest'anno. Per non parlare poi dei testi, pura e tipica ignoranza da bifolco sudista.

Ehm, basta. Basta, non voglio più parlare. Non voglio più parlare di questa pseudo-band tributo ai Lynyrd. Un album da dimenticare e soprattutto da rifiutare per chi è stato un ex seguace. Stessa cosa che dissi nel 2009. Oggi lo ribadisco e lo grido ancora più forte e ancora più incazzato di prima. Ma visto che io sono stronzo, la colpa non la attribuisco solo a chi ha inciso questa... questa merda, ma anche a chi l'ha pubblicata. Esatto, a quei falliti e infami della Roadrunner Records.

Ed è quindi così che termino la mia decima recensione per uno degli album più abominevoli del 2012, e che decido d'inaugurare una mia nuova personalissima rubrica, dal colorito nome di "Roadrunner Vaffanculo", dedita a condannare tutte queste porcate per mano appunto della Roadrunner, la Ubisoft della musica, cominciando proprio con quest'album. E, personalmente, è triste vedere come sia scesa talmente in basso, dal 1999 ad oggi. Beh, vi lascio con due link, che sono rispettivamente il logo e la sigla.

VOTO = 15 / 100

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