Il sogno di Jeff "Monoman"  Connolly è sempre stato quello di morire sul palco per una scossa elettrica dal suo Farfisa come un vecchio soldato sul campo di battaglia, perché è gente che non saprebbe adattarsi ad una vita normale. Sono più di trent'anni che lui continua a spostarsi rannicchiato con il resto della band in un pulmino attraverso le grandi highways statunitensi o le più modeste autostrade francesi, spagnole, o italiane con lo stereo intasato di vecchie cassette di classici degli anni sessanta.

Dai suoi inizi a Boston con i mitici DMZ (acronimo di qualcosa come tirami giù la cerniera) al passaggio con la sua creatura Lyres, gli anni in cui poteva sfondare sono stati il biennio ‘84-‘85 ma non è successo nulla e pertanto si è messo il cuore in pace, forse morirà proprio da poveraccio suonando su un palco. Più concerti che dischi, a portare il verbo di oscure band dei sixties a giovanissimi che altrimenti non avrebbero mai ascoltato, mai conosciuto, mai saputo.

 Eppure vedendo Jeff nulla fa pensare ad un revivalismo garage, niente look a caschetto tipo Fuzztones o Chesterfield Kings, del resto lui ha bazzicato con il punk fin dalla sua prima uscita con i DMZ ed è per questo forse uno degli ultimi artisti spontaneamente rock'n' roll che ci siano rimasti sulla faccia della terra, nella cui testa lungocrinita (nonostante l'eta') scorre gran parte del rock degli anni cinquanta, sessanta e pure il punk dei settanta.

 "On Fyre" del 1984 è il più bello dei pochi dischi dei Lyres, canzoni originali di gran livello si mischiano a covers esaltanti, in primis un paio degli amati Kinks, una dolce "Love me till sun shines" e un'appassionata "Tired of Waiting" in versione "cry baby song" come le chiama lui.  Forse sono gli unici momenti veramente rilassati dell'album, altrove è un martellamento continuo del Farfisa su una rocciosa base sonora ereditata dai DMZ (gli ex Paul Murphy al basso e Rick Coraccio alla batteria più Danny Mc Cormack alla chitarra) quasi ad evocare lo spirito di Question Mark & the Misterians.

Ma quelle chitarre fuzzate che rendono straordinaria "Help you Ann" fanno di Jeff un eroe dei nostri tempi mentre il crescendo in levare della splendida opener "Don't Give It Up Now" fa sballare oggi come ieri, entrando di diritto nell'Olimpo dei pezzi garage di ogni sempre ...e sono farina del sacco di Jeff!    Come è sua la bellissima "Not like the other one", con quella chitarra assassina che va su e giù come un dondolo e la trascinante "I really want you right now", fortunatamente aggiunta dalla benemerita etichetta francese New Rose all'edizione europea del disco e che prende possesso dei nostri arti inferiori e superiori coinvolgendoli in scosse ondulatorie e sussultorie.

  Ho avuto la fortuna di assistere ad uno show dei Lyres assieme a poche centinaia di spettatori proprio nel periodo in cui il Boss veniva in Italia acclamato da decine di migliaia di paganti pronti a far brillare l'accendino, osannato dalla stampa e perfino amato da Gianni Agnelli. Stabilito che anche io amo il primo Springsteen (ma non Agnelli a dispetto della proprietà transitiva) giuro sul mio giradischi che non avrei scambiato il biglietto.  Quel poveraccio di Jeff, che ancora oggi si ostina a rifare "The Witch" dei Sonics oppure "Touch " degli Outsiders, per me rappresenta la vera essenza del rock.

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