Lettere al Re

Chi lo avrebbe mai immaginato che esistessero ancora, conservate perfettamente fino ai giorni nostri, lettere di manifestazione di dissenso (e contenenti in molti casi anche minacce di morte) scritte al Re Vittorio Emanuele III. Pure non dubitando del fatto che si potessero scrivere delle lettere al Re, questa è una cosa che non avevo mai preso in considerazione, così sono rimasto colpito dall'esistenza di questa opera di raccolta dell'Archivio Italiano Tradizione Epistolare in Rete (AITER).

Coinvolgente cinque unità di ricerca (Università degli Studi di Pavia; Università per Stranieri di Siena; Università degli Studi di Roma "La Sapienza"; Università degli Studi di Cassino; Università degli Studi di Milano) scopo dell'AITER è stata la creazione di una banca dati di corpora epistolografici dal medioevo al Novecento e basto su un'interfaccia web per la lettura dei testi, consultabile attraverso un apposito motore di ricerca: http://aiter.unipv.it/

Con questo progetto e la trascrizione dei testi sono stati messi a disposizione diversi 'carteggi', di cui la sezione forse più interessante per la verità è 'Lettere a e da internati militari conservate nel Fondo Pirola (1943-1945) e contenente in tutto 15 faldoni e 428 fascicoli (sono state pubblicate 200 corrispondenze) di interneti militari italiani (IMI) condotti nei lager tedeschi dai nazisti nelle fasi successive all'8 settembre 1943. Ma quella relativa 'Le lettere al Re' (a cura di Barbara Achilli, Manuela Baroncini e Roberto Vetrugno) è sicuramente qualche cosa di inedito e che genera una certa curiosità

Le lettere (400), provenienti da ogni parte d'Italia (questo si intuisce facilmente dall'utilizzo di espressioni di uso dialettale) ma anche da altri paesi come Francia oppure Stati Uniti d'America, sono tutte relative al periodo 1914-1918 e di conseguenza, come si può facilmente immaginare, per la maggior parte dei contenuti richiamano come argomento principale la prima guerra mondiale. Ci sono lettere di minaccia, dissenso, lamentela o semplicemente richiesta di attenzioni da parte di sua maestà il Re oppure la Regina Elena di Savoia o anche le principali figure politiche di quel periodo, i presidenti del consiglio Antoni Salandra e Vittorio Emanuele Orlando, il ministro degli esteri Sidney Sonnino.

Raccolte in 17 gruppi molte di queste lettere, come è facile immaginare e in particolare per quelle con toni più aggresivi e contenenti minaccie di morte, sono lettere anonime e non sono firmate. Immagino del resto che al tempo il reato di lesà maestà fosse abbastanza grave da poter incorrere in parecchio guai anche semplicemente rivolgendogli una pernacchia. Generalmente toni più concilianti sono adoperati nei confronti della Regina Elena di Savoia, mentre in alcuni casi le lettere non hanno neppure un destinatario specifico, ma anticipando di cent'anni qualche cosa che si ritiene sia nata solo con i social network, si configurano come dei veri e propri sfoghi. Molte lettere sono chiaramente sgrammaticate, ma questo è inevitabile, considerando che ci riferiamo all'inizio del secolo scorso e che queste venivano scritte da soggetti di ogni estrazioni sociale.

Vale la pena ricordare il contesto storico specifico. Quello della prima guerra mondiale e cui l'Italia prese parte dopo i Patti di Londra dell'aprile 1915 dichiarando guerra all'impero austro-ungarico. Una scelta che nasceva da ragioni di opportunità e causa la pressione dei cosiddetti 'interventisti' e che strategicamente andava nella direzione di porsi in maniera autorevole sulla scena internazionale come era accaduto cinquant'anni prima con la guerra di Crimea.

La prima guerra mondiale fu un massacro. I morti furono quasi dieci milioni (650.000 soldati italiani circa) ma le perdite dovute alle situazioni di indigenza, senza considerare le drammatiche conseguenze dei disturbi post traumatici da stress, costituiscono un danno che è impossibile da quantificare. È calcolato inoltre che in totale morirono all’incirca un milione di civili. La febbre spagnola, la più grande pandemia ricordata dalla storia e il cui contagio si diffuse durante quegli anni, uccise quasi sei milioni di persone in tutto il mondo.

Alla fine della guerra, alla conferenza di pace a Parigi, l’Italia, rappresentata dal nuovo capo del governo Vittorio Emanuele Orlando e dal solito Sidney Sonnino, fu tuttavia trattata come una potenza minore e ottenne molto meno di quanto le era stato promesso alla stipula del patto di Londra in caso di vittoria. Un nuovo trattato, Il trattato di Rapallo del 1920, fu un tentativo da parte dell’Italia di ottenere quanto non le era stato attribuito alla conferenza di Parigi, ma ogni tentativo fu vano: sostanzialmente l’Italia ottenne una ridefinizione se confini nella zona del Friuli e l’Istria. Ma il risultato fu accolto tiepidamente dall’opinione pubblica, tanto che si parlò in ogni caso, secondo una definizione di Gabriele D’Annunzio, di ‘vittoria mutilata’, un leit-motive che costituì uno dei principi fondamentali cui si deve probabilmente la nascita del fascismo.

Va detto, al di là delle conseguenze finali, che il ruolo del Re Vittorio Emanuele III nell’entrata in guerra dell’Italia fu determinante come mai forse nessuna altra decisione presa in prima persona nel corso del suo regno. Di fatto la sua volontà si impose su quello che era l’orientamento generale del parlamento e delle forze politiche e sul loro orientamento neutralista, quando superando i precedenti accordi con Germania e Austria-Ungheria (la cosiddetta Triplice Alleanza), si accordò con le forze dell’Intesa. Ovvero Francia, Inghilterra e Russia. Fino alla Rivoluzione d’Ottobre. Senza considerare il solito intervento decisivo degli americani. Che fosse ritenuto direttamente responsabile di quello ‘scempio’ non ci appare dunque particolarmente strano e queste lettere sono in questo senso solo un piccolo pezzo della storia del dissenso di quegli anni, passato chiaramente in secondo piano a fronte di quelli che furono eventi di una drammaticità unica come la guerra di trincea raccontata in maniera tanto sensibile quanto unica da un autore gigantesco come Giuseppe Ungaretti.

Tra le tante lettere presenti, a titolo esemplificativo, ne ho scelte due in particolare che vi sottopongo in calce a questo editoriale. La prima (a titolo esemplificativo) è di un mittente anonimo e destinata a Tommaso di Savoia, capitano di vascello e luogotenente del Regno durante gli anni della guerra in cui Vittorio Emanuele II si traferì al fronte. La seconda invece è sempre di un mittente anonimo ma non ha un destinatario specifico ed è una delle cose più belle io abbia letto negli ultimi tempi e che voglio condividere su queste pagine.

Buona lettura.

[Anonimo] a Tommaso di Savoia
Napoli(NA), 6 giugno 1917

A Sua Altezza Reale
Tommaso di Savoia
Luogotenente di S.M. il Re- Roma
[1] I cenci vanno sempre in'aria, Altezza in Russia e
successo il contrario, e i signori governandti avrebbero dovute
farne tesoro di tale insegnamente.
In Italia quando si tratta di dissanguare maggiormente le
masse lavoratrice, subito si fa con decreto legge; ma quando
ai lavoratori si dovrebbe dare qualche miglioramente gli si
promette ma mai tale promesse si mantengono.
[2] Sembra però che i dormiente si stiano destante e vedremo,
Vedrete!
Anche per i dissanguatori delle masse, i grandi ed eterni
sfruttatori dell'umanità ci dovrebbe essere un limite…
Vuole S.A. imporla? o vuole che si ribellano i lavoratori
per fame?
In certi casi si sà dove s'incomincia, ma non si sà
dove ha fine le risolte di popolo
Avviso a chi tocca
Gli operai Napoletani
Napoli 6-6-1917

Missiva autografa.
(*Napoli 6.6.17) allegati: Pref. di Napoli 15 agosto 1917.

[Anonimo] a [anonimo]
[s.l.], 25 dicembre 1917

[…] 25 Dicembre 1917
[2] vita il infelice,
la notte sono solo à
mia luna, come sei alta
aiuta mi. dove sei? à
sono in uno scoglio in
mezzo al mare. è
vedo un pesce grosso,
che mi vuol mangiare
chi tia portato ali?
e dove sei nato?
io sono nato in un altro
scoglio più alto e cera
unaltro scon pesci
che mia veva tirato
una volta ma non
mia pigliato, e cosi
mene sono venuto qui?
matu ai paura di morire
e vero?
nò nò, opaura per una
sola cosa che moio in
mezo all'ingnoranza.
percio aiutami, domani sera
ci vediamo allora ti
saluto il tuo amico, ignora
nte[…]

Al Statut[…] di Roma
Italia

Missiva autografa.
(Galveston 26.12.17 - (Genova posta estera) Roma 31.1.18) allegati:(?)


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