Tre movimenti dell’anima non troppo conosciuti
Piano concerto n.3 di Kurt Atterberg - Primo movimento
Chi siamo noi?
Chi sono io?
Sono quella tarda serata di agosto sulla spiaggia con il me stesso di 38 anni fa, mi racconta della sua passione per le discoteche e i Bee Gees, le cui note risuonano nell’aria.
Mi racconta per intero le ultime cinque puntate di Happy Days.
Gli parlo della mia passione per la musica classica, per la musica psichedelica, romanzi e saggi filosofici, anche per certa musica depressa e talvolta malata, cose difficili, fatica a riconoscersi.
Gli dico che di televisione ne vedo non più di mezz’ora al giorno.
Siamo per fortuna confinati, senza spesso rendercene conto, in un mare di categorie, solo per decifrarci nel tempo e farci decifrare dagli altri.
Da cui a volte però tendiamo, per età e per altro, a voler saltare fuori come per misteriosi salti quantici.
A voler essere nuovi e dissonanti in mezzo all’imperante, forse troppo meravigliosa e stabile, armonia.
A melodie che da sole basterebbero a rendere tutto indimenticabile.
Ma il libero arbitrio e’ solo una cosa illusoria.
Pensiamo tutti di essere un po’ speciali.
Presidenti, preti, filosofi.
Figli, genitori.
Ma in fondo siamo un po’ come quell’unico elettrone che tesse l’universo immaginato da John Wheeler.
Che va, vorremmo andare, avanti e indietro nel tempo, a riparare gli errori che possiamo ancora commettere, senza sapere perché, nel nostro futuro.
Piano concerto n.2 di Bela Bartok - Primo movimento
Pensiamo di non avere idee oppure di averne talmente tante che a volte fatichiamo a controllarle.
Ma in fondo ripetiamo sempre le stesse poche cose, abbiamo i nostri chiodi fissi, sottoposti alla comprensione degli altri.
Con cui cerchiamo di tenere appesi al muro scivoloso del tempo gli specchi colorati su cui si riflettono i nostri giorni.
Un po’ come sempre le stesse note in fuga, che si rincorrono, suonate da strumenti diversi.
A distanza di secondi, accavallandosi.
Di mesi o di anni.
Piano concerto n.1 di Dimitri Kabalevsky - Secondo movimento
Mi capita a volte, la domenica pomeriggio, quando sono solo in casa, di andare alla ricerca di un concerto di musica classica mai ascoltato.
Sfuggito all’attenzione del mondo forse perché alla sua epoca il mondo produceva troppa bellezza.
In cui rinchiudermi lontano da tutti, ma con i risultati della partita sul televisore muto, per ricordare i tempi in cui il calcio per me era (quasi) tutto.
Per sentirmi ancora, banalmente, parte del mondo.
(Da Wikipedia)
Aristosseno riconobbe la funzione fondamentale della memoria nell'intelligenza della musica, come risulta da un paragrafo degli Elementi di armonia: «Di queste due cose, invero, la musica è coesistenza: sensazione e memoria. Bisogna infatti sentire ciò che accade e ricordare ciò che è accaduto».
E’ l’abitudine a sentire il proprio cuore ed il proprio respiro, come riconoscere sempre la stessa strada dall’inizio alla fine.
Vivere non e’ altro che l’arte di ascoltare musica.
Piano concerto di Kurt Atterberg