Bruce McCandless, il primo

L'uomo ha il dovere di sopravvivere alla natura. Cioè di vincere ogni sfida che questa ci pone quotidianamente e pure in un contesto che da questo punto di vista è in costante evoluzione e ha subito delle alterazioni dettate proprio da questo rapporto di forza e dalle modifiche che vi abbiamo apportato nel tempo.

I naturalisti più estremisti considereranno questa mia dichiarazione in maniera negativa, ma non sto con questa sicuramente invitando alla distruzione di ciò che ci circonda.

Non sto dichiarando guerra alle forze della natura.

La sfida è aperta da quando il processo evolutivo ci ha condotto al nostro attuale stadio evoluto. Da allora combattiamo contro noi stessi. Da una parte siamo attaccati alla terra, dall’altra sappiamo che solo liberandoci da essa potremo essere salvi.

Il nostro pianeta, l’intero sistema solare non sono eterni. Allo stesso modo prima o poi le risorse naturali tenderanno inevitabilmente a diminuire fino a scomparire del tutto.

Abbiamo ancora molto tempo secondo me, ma vanno continuamente cercate nuove soluzioni.

È un lungo cammino ma che nell’ultimo secolo ci ha visto fare importanti passi in avanti in questo processo di emancipazione dalle forze della natura.

Il 7 febbraio 1984 Bruce McCandless compie la prima attività extraveicolare nello spazio in completa libertà.

La missione è la STS-41B. Lo scopo è posizionare due nuovi satelliti artificiali in orbita ma anche sperimentare il nuovo sistema di propulsione astronauta Manned Maneuvering Unit (MMU).

Bruce McCandless, che ha contribuito al programma in maniera determinante, lascia il Challenger e si lancia nello spazio aperto. Batte i denti, forse perché lo spazio è freddo come ce lo hanno raccontato, forse perché è in un momento di tensione particolare. Sarebbe naturale. Bruce McCandless non è un eroe come Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Ha paura. Dopo dirà che per Neil questo sarebbe stato dopo tutto solo un altro piccolo passo, ma che per lui invece è stato un balzo enorme.

Aveva paura che il salto potesse essere troppo grande e che non sarebbe mai più tornato indietro.

Non credo che Armstrong abbia mai risposto a questa affermazione. Ma che avrebbe dovuto dire. Gli eroi non devono dare spiegazioni a nessuno.

Bruce percorre i cento metri più lunghi della storia dell’uomo nello spazio mentre la moglie in ansia lo segue da Terra. Lavora anche lei per la Nasa. Poi Bruce rientra alla base. A bordo del Challenger. Tutti tirano un sospiro di sollievo.

Sembrava impossibile. Ma Bruce è rimasto, anche se per pochi minuti, completamente sospeso nello spazio e ha fatto quello che nessuno aveva mai fatto prima di lui: nessun cordone ombelicale lo teneva legato alla Terra. Nessuna astronave. Non c'era nessun suolo lunare da calpestare questa volta.

La sensazione deve essere stata simile a quella di essere in uno stato di sospensione sott’acqua, immaginiamo, e ci domandiamo quanto e se lo spazio gli possa essere apparso in qualche maniera denso. E se questo non significhi per l’essere umano una specie di ritorno ideale.

In quel momento fu completamente libero da ogni vincolo: è l'uomo che ha superato lo stadio evolutivo di Homo Sapiens e che ha avviato un processo di cambiamento che chissà quando avrà fine.

Pochi lo ricordano e pochi lo ricorderanno dopo la sua morte avvenuta lo scorso 21 dicembre, ma Bruce McCandless è stato il primo.

La sua anima, dopo la morte, è stata ritagliata nell'oscurità dello spazio, circondata dalle stelle che compongono la volta celeste.


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