Gocce di pioggia nel mare
Si, lo so che siamo in piena estate, e l’estate è fatta di sole, allegria, di spiagge, di culi a mandolino da ammirare nel loro splendore, di nuovi amori da pedinare.
Oh, quanto mi piacerebbe crederci ancora.
Di discoteche all’aperto, di ferie, di morale alle stelle.
Prima o poi, giuro, ci riuscirò.
Ma c’è sempre una prima volta nella vita, o almeno quella che si ricorda come tale, e, quando capita, importante è prenderne nota.
Già in passato mi era capitato di trovarmi in mare durante un temporale, ma sempre con i piedi che potevano saldamente toccare un fondo sabbioso, sempre più o meno indice di un mare addomesticato.
Oggi, anzi proprio stamattina, mi sono immerso, volontariamente all'inizio di un temporale, fino alla testa in un mare scoglioso, sempre più o meno indice di un mare selvaggio, anche se a due passi dalla riva.
Da quella posizione, ad altezza pelo dell’acqua, mi sono ritrovato, mia moglie poco lontana, ad osservare tutto intorno a me il tuffarsi vorticoso nel mare di un numero innumerevole di gocce di pioggia.
Ed e stato uno spettacolo bellissimo.
Erano tutte simili e profondamente diverse.
Illuminate da quella pallidissima luce del sole che filtrava dalle nuvole.
Allegre, alcune, precipitavano nel mare quasi abbracciate.
Altre solitarie con un plin sordo, una dopo l’altra.
Proprio ieri (che sfortuna, in piena estate...) ho ripreso fra i miei ascolti un brano di quel depresso cronico (oltre che leader dei fu Beach Boys) di Brian Wilson.
Strana coincidenza che Wilson abbia scritto/ispirato versi per quella canzone che sarebbero stati molto bene come colonna sonora di quel precipitare di gocce di pioggia.
Dall’indefinito delle nuvole da cui provenivano all’indefinito del mare.
Ed io li ad osservarle alla fine del loro viaggio, dalla posizione di Dio.
Qualunque cosa ciò significhi.