Fabrizio De Andrè, ventanni dopo

Ieri Battisti è tornato in Italia.

Mi ha risposto mio fratello maggiore: "Il cantante?".

No, non Lucio, Cesare.

E' intervenuto il mio bisnonno, che non ho mai conosciuto: "Chi, il patriota irredentista?"

No, il terrorista anni 70 ...

Oggi ho letto su un giornale di un articolo di Adriano Sofri.

Riporto sotto un piccolo frammento che mi ha particolarmente colpito:

"(...) la galera, chi la conosca da carcerato o da carceriere, e resti umano, nobilita il prigioniero (...)".

Il giorno 11 gennaio 2019, venerdì scorso, sono passati esattamente due decenni da quando Fabrizio De Andrè se ne è andato a cantare in paradiso.

Nessun si è fatto mancare l'occasione di celebrarlo, persino il nostro ministro dell'interno, sempre lui, con un tweet dedicato in cui citava alcune parole dalla sua "Il pescatore".

C'è chi lo ha attaccato per questo, rinfacciandogli la sua ostilità ai migranti, asserendo implicitamente quanto questa fosse ridicola ed in contrasto con altre parole della canzone di De Andrè ("Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno, non si guardò neppure intorno ma versò il vino spezzò il pane per chi diceva ho sete ho fame").

Siamo tutti un po’ gelosi di Fabrizio De Andrè, ma la sua grandezza è che appartiene a tutti, pure a Salvini (sorprendente, vero?), ognuno interpreta le sue parole e si riconosce in esse come vuole.

Personalmente ritengo che chi legge in "Il Pescatore" una sua presa di posizione a favore degli immigrazione, sempre e a prescindere, è libero di farlo, ma non penso che De Andrè la abbia scritta con quella idea in testa, del resto l'epoca era diversa ...

Piuttosto ritengo, dopo aver letto alcune cose, che sia piuttosto ispirata alla vita di Riccardo Mannerini, suo amico, coautore de "Il cantico dei drogati".

Un personaggio difficile, morto suicida, che era solito, a quanto ho letto, ospitare e nascondere in casa sua, per puro spirito evangelico (quello vero), rifiuti vari della società, fuggiaschi in fuga “dai gendarmi” di ogni tipo e natura.

De Andre’ ha cantato gli ultimi e per gli ultimi, ma gli ultimi veri, quelli dimenticati, quelli esclusi, sopratutto quelli di cui non si parla.

Gli ultimi stanziali (ripeto, stanziali) nella nostra società, perseguitati (oltre ovviamente a quelli non solo perseguitati ma anche cancellati dalla storia, vedi gli indiani di America, ma questa è un'altra storia).

Di tutti coloro, la loro umanità, nonostante tutto.

Questo è Fabrizio De Andre’, per me.

Detto questo, cosa c'entra tutto ciò con Battisti?

De Andrè mi ha rovinato, da quando ho imparato a prendere un po' troppo sul serio il suo pensiero e le sue parole (da un po' ormai), provo compassione anche per coloro per cui non dovrei provarne.

E a trovare bellissime le frasi come quelle di Sofri riportata sopra.

E a pensare che qualunque uomo, anche il peggiore, possa sempre riuscire un giorno, se il "buon Dio" (quello cantato in "Preghiera in gennaio") lo vuole, a "consegnare alla morte una goccia di splendore" (quella cantata in "Smisurata preghiera" e presa in prestito da Mutis).

E a provare compassione e pietà anche per uno come Cesare Battisti, ora già in carcere a scontare la sua giusta condanna, e le sue lacrime al momento della cattura (così dicono), .

E ad avere problemi a dirlo in giro, in questi giorni, tranne che qui.

Sai che ti dico, De Andrè?

Fanculo, maledetto il giorno che ti ho incontrato.

Almeno per me, hai fatto più danni di Gesù.


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