I colori (e non solo) non esistono (ma non facciamoci caso..)

Da un po’ di anni, per chi ancora non lo sapesse, sono un appassionato (dilettante) di “scienza e filosofia della coscienza”.

E allora ne voglio un po’ parlare anche qui, direttamente, lo ho “minacciato” ed ora lo faccio, cominciando dalla cosa fondamentale che penso di aver capito.

La coscienza è come la musica, musica per pianoforte.

Anzi, è il pezzo più straordinariamente complicato da suonare al piano che sia stato mai concepito.

E, come per i pezzi più complicati di Liszt o Rachmaninov, una volta imparati, l’unico modo di eseguirli è, mentre li si suona, abbandonare le mani sulla tastiera senza pensare razionalmente alle note sul pentagramma e ai tasti da premere, o a qualunque altra cosa sia relativa alla difficoltà del pezzo, così per la coscienza, se la si vuole continuare a “suonare”, bisognerebbe evitare di porre attenzione (razionale) sui suoi passaggi più ardui, le sue fughe, i suoi segreti, le sue magie.

Però gli scienziati (e i filosofi) della coscienza, specialmente alcuni, sono testardi e senza paura, per cui…

Qual è la differenza fra un triangolo e un rettangolo? Come facciamo a capire che un poligono è un triangolo e non un rettangolo?

Il primo ha tre lati e il secondo quattro.

Qual è la differenza fra il rosso e il verde? Come facciamo a capire che una cosa è rossa e non verde?

Non lo sappiamo. Semplicemente lo capiamo.

Ha senso dire che due cose sono diverse se non riusciamo a capire perché sono diverse?

Ha senso dire che una cosa esiste ed ha una sua identità se non riusciamo neanche a definirne l’essenza?

E fra queste ci posso mettere tante cose, moltissime di quelle che popolano abitualmente la nostra coscienza, per primi i colori, non ultima l’amore...

I colori, però, hanno un piccolo problema fondamentale.

A differenza dell’amore che è una cosa astratta, frutto, come direbbe Piergiorgio Odifreddi, di una “reificazione”, evidentemente un'idea umana, tutte le cose del mondo materiale sono colorate, da sempre, ma non esiste nessuna proprietà della materia ed in particolare delle superfici che possa essere lontanamente identificata con il colore.

Qualche esempio di vera proprietà della materia?

La durezza è una proprietà della materia, la conducibilità elettrica è una proprietà della materia.

I colori non esistono in se, nel mondo.

Quello che noi percepiamo come colore è la nostra reazione soggettiva a particolari configurazioni di stimoli esterni sul nostro corpo (sul nostro apparato visivo), stimoli esterni trasportati dalla radiazione elettromagnetica proveniente dagli oggetti del mondo (la foglia di un albero, una goccia di sangue), o da altro..

Più configurazioni di stimoli esterni, anche diverse tra loro, possono causare in noi lo stesso colore (provato mai a chiudere gli occhi premendo con forza sulle palpebre e ad osservare lo spuntare di un bellissimo violetto nel campo visivo, che non si sa da dove spunti?).

Questa reazione soggettiva e qualitativa, che i filosofi hanno battezzato “quale" (in questo caso di colore), è ineffabile per gli altri ma anche a noi stessi che ne facciamo esperienza.

Ineffabile perché se dovessi provare a descrivere a parole, agli altri ma anche a te stesso, cosa provi a vedere il rosso, cosa è il rosso (o il violetto, nell'esempio sopra), avresti grandi difficoltà..

Comunque sia sei convinto (non è vero?) che questa “sensazione di rosso”, per come la provi tu, il colore rosso, la conoscano anche tutti gli altri.

Al contrario dei qualia gli stimoli esterni sono, insieme alle loro reazione sul corpo, oggettivamente osservabili dall’esterno.

Il dualismo (quello filosofico, quello cartesiano) afferma che entrambe le cose, qualia (sensazione interna e soggettiva di rosso, sensazione di verde, sensazione di blu, ecc) e stimoli esterni, esistono entrambi in mondi separati e siano indipendenti.

Un po’ come da un lato, su un computer, due porte usb, e, da un’altra parte, in uno scatolone, un mouse e un disco esterno.

E a piacere puoi prendere dallo scatolone il mouse e collegarlo sulla prima usb e poi prendere il disco esterno e collegarlo sulla seconda, oppure viceversa.

Oppure lasciare computer da una parte e scatolone dall’altra, due "mondi" separati.

Da questa convinzione deriva che in linea teorica il quale del rosso (la sensazione di rosso) può essere causato in me dalla configurazione di stimoli esterni che in te è causa del quale del verde (che in te provoca la sensazione di verde).

In pratica se guardiamo entrambi una goccia di sangue e la foglia di un albero entrambi diciamo che la prima è rossa e la seconda verde (perché entrambi dall’inizio abbiamo chiamato così quelle nostre sensazioni soggettive) ma in verità i colori che percepiamo sono invertiti (oh, mio Dio, che incubo..).

Tale ipotesi (inversione dei qualia) viene rigettata dai filosofi materialisti come la conclusione di una reductio ad absurdum per rigettare in toto il dualismo.

In pratica è per loro la dimostrazione che non può esistere un mondo esterno e materiale (quello degli stimoli fisici e delle reazioni ad essi, oggettive e osservabili sul corpo) e dall’altro lato, separato, quello mentale, interno e “spirituale” cui appartiene l’anima umana (quello a cui appartengono i qualia e le sensazioni soggettive).

A ben pensarci, non esiste, ad una analisi introspettiva, nessun confine fra i due mondi.

Parlando del gusto, se dopo un po’ di anni ribevo una marca di birra che mi piaceva tanto ed ora non mi piace più, riesco a capire e ad essere certo, senza fare indagini presso la fabbrica di birra, se è la birra che è cambiata o sono i miei gusti che sono cambiati?

Il confine a pensarci bene non esiste.

Per cui stimoli esterni (la birra sulle papille gustative) e reazioni soggettive (il gusto percepito della birra) devono appartenere necessariamente ad un unico mondo, che, se non si vuole credere che sia tutto un sogno (oh, mio Dio, no..), deve essere quello materiale.

Ma i qualia, come un pesce che messo fuori dal mare, che rappresenta il suo mondo naturale, è destinato a morire, una volta messi fuori dal mondo mentale allo stesso modo sono destinati a scomparire.

I qualia quindi, i colori, i sapori, gli odori non esistono, del resto non siamo stati mai capaci di definirne l’essenza..

O, meglio, aggiungo io (e qui la cosa si fa un po’ difficile, per cui chi vuole e chi è arrivato vivo fino a qui può saltare direttamente all'ultima riga..), i qualia esistono, ma esistono solo di un esistenza minore, non assoluta, in quanto servono a trasportare all’interno della coscienza solo “asettica” informazione “relativa” sul mondo fisico, che è quella che serve a noi essere umani…

In pratica il verde è il verde solo in quanto diverso da tutti gli altri “colori”.

I colori servono solo a tracciare e riconoscere forme, confini delle cose all’interno del mondo.

Se ne esistesse solo uno non sarebbe possibile.

In pratica se il mondo fosse meno complesso, o meglio, se noi avessimo la necessità di percepire il mondo a un livello minore di complessità, forse “esisterebbero” solo due colori, bianco e nero (senza alcuna scala di grigi).

Quindi sarebbe come una mappa di 0 e 1.

E l’informazione contenuta in questa mappa non cambierebbe se si invertissero 0 e 1.

Se si invertissero bianco e nero.

Ma lo stesso discorso vale se i numeri non sono solo 0 e 1, se sono molti di più 0,1,2,3,4, infiniti per quanti i colori del mondo.

Se si scambiassero di posto un certo insieme di colori del mondo, se il cielo senza nuvole di mezzogiorno diventasse rosa e la pelle della modella sul giornale di moda diventasse azzurra, dopo un po’ di tempo non noteremmo più nulla di strano.

Gli occhi rosa di quella attrice che abbiamo sempre amato ci ricorderanno sempre i colori del cielo senza nuvole di mezzogiorno, perché sta la il "significato" dei colori, ricordarci cose.

E dopo un po’ troveremmo di nuovo naturale chiamarli azzurri.

Questo è quello che asserisce certa moderna scienza (e filosofia) della coscienza, nelle figure di alcuni suoi eminenti esponenti (Daniel Dennett, Thomas Metzinger, Douglas Hofstadter, ed altri).

Sarà vero?


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