Scappare.
L'hotel si rivelò una truffa, un vecchio scannatoio su una strada polverosa e poco illuminata. Alla sera era illuminato da luci rosse, tanto per sottolinearne la funzione. Chiesi dove fosse il centro e mi risposero che bastava fare poche centinaia di metri. Li feci e mi trovai nel viale che attraversava la città : 4 corsie strapiene di BMW cannibalizzate, ridotte all'osso che sfrecciavano come se fossero gli ultimi metri della loro esistenza. E forse lo erano. Minibus stipati in cui la gente sedeva sul cruscotto accanto al guidatore. I marciapiedi erano da percorrere solo con scarpe da ginnastica o da lavoro. Ero a Chisinau, Moldavia, il luogo che riversava badanti sull'Europa fin dal crollo del Muro di Berlino. Avevo voluto fare quel viaggio per vedere i luoghi da cui provenivano le donne che nelle case italiane si occupavano degli anziani lasciando famiglie spezzate e figli senza madre .Bastava un'occhiata al centro di Chisinau, la capitale, per capire.
I negozi esponevano merce miseranda l'unica nota allegra sembrava essere un gruppetto di zingari che suonavano sui gradini di una scala. Camminai a lungo, il viale sembrava non finire mai, i ristoranti erano graziosi e poichè appartenevano ad una catena erano quasi tutti uguali Mi fermai e mi portarono il menù, tutti i cibi erano precotti e molto carini a vedersi, il sapore bisognava immaginarselo. I clienti erano quasi tutti stranieri, affaristi. Dai vetri della veranda vidi la gente diradarsi e dovetti affrettarmi a mangiare visto che chiudevano alle otto e mezzo. Dentro l'acquario in cui ero ci si poteva riprendere dall'inquinamento e dallo stupore per un pò di tempo.
All'uscita un ragazzo giovane era steso per terra e un paramedico lo stava visitando, il ragazzo parve riprendersi e l'ambulanza se ne andò per ritornare dopo pochi minuti, il ragazzo era di nuovo privo di sensi e stavolta lo caricarono. Tornai in albergo e fui di nuovo davanti all'hotel a luci rosse, sedetti su una poltrona di vimini all'esterno, leggermente imbarazzata, ma era ancora presto per i clienti fedeli. La strada era buia, c'era un ristorante chiuso da tempo, auto parcheggiate sui marciapiedi. L'asfalto pieno di buchi sembrava ricoperto di sabbia.
Dopo una notte piena di rumori soffocati la mattina dopo ritornai sul viale e feci colazione in un bar/pasticceria anche quello per stranieri. Al tavolo accanto al mio c'erano due uomini d'affari veneti sorpresi di trovarmi in quelle plaghe volontariamente, uno, il più corpulento, attaccò discorso e disse che aveva una fabbrica in Romania dove viveva con la famiglia, vi si trovava benissimo se era in Moldavia era solo per affari, non poteva darmi indicazioni su cosa vedere perchè, secondo lui, non c'era niente che ne valesse la pena. Dubbiosa. Arrivai , dopo una lunga camminata, fino ad un patetico Arco di Trionfo più piccolo dell'originale ma con una sua funzionalità vi era infatti un orologio incastrato, poi c'era un giardino ben tenuto con uno di quei ristoranti fratelli (Andy Pizzas), una palazzina bianca di cui non conoscevo l'uso e tutto intorno traffico e marciapiedi scassati, gente che trasportava borse piene e masserizie. Mi diressi al mercato che si annunciava con donne che esponevano mercanzia su teli per terra, oggetti vecchi e polverosi peluches consumati, scarpe vecchie e tristi, maglie usatissime. Cose di proprietà della venditrice generalmente abbastanza giovane e scorata. Ragazzini sporchissimi vicino al Mercato sgusciavano noci, sacchi e sacchi, -la Moldavia infatti è insieme alla Romania una grande produttrice di noci, si vendeva frutta per terra, 10 pomodori, uva, tutto polveroso. Il Mercato vero e proprio era immenso, era quello dei Kolchoz, dei tempi buoni, come dicevano alcuni clienti.
Il mercato della carne era grande, di cemento come tutti i manufatti ex sovietici, blocchi di carne sui banchi, petti enormi di tacchino grigiastro che mi tolsero definitivamente l'appetito quello dell'abbigliamento era fatto a scatole incastrate l'una nell'altra, entravi in un corridoio , uscivi in un altro e poi entravi ancora etc etc. La merce proveniva dalla Turchia, niente Cina ma la manifattura e la qualità erano simili. Minibus scassati erano parcheggiati e i buttadentro cercavano clienti spaesati come me. Decisi di farmi un giro a Soroca di cui avevo visto un servizio sulle fantastiche case zingare, chi abitava alla Casa Bianca o in una moschea, cose simili. Il viaggio si rivelò l'ennesimo fallimento: il minibus era privo di ammortizzatori e bisognava stringersi ai sedili, la schiena veniva sballottata violentemente, senza alcuna pietà. Le buche sulla strada non erano semplici buche: erano la strada stessa. Ovunque campagne abbandonate, sterpaglie, auto russe che eroicamente continuavano a funzionare cariche di tutto.Soroca sembrava dormire il sonno dei giusti, alzai lo sguardo sulle colline e là le vidi, colonne , pagode, cupole. Un signore che aveva fatto il viaggio con me disse che non c'era necessità di andare lassù, le case infatti erano abbandonate da tempo. Feci un giro sul lungofiume, una costruzione grande e bianca con un giardino inselvatichito davanti era l'ex casa della cultura, accanto il fiume scorreva, grande ed in apparenza pulito. Sull'altra riva c'era l'Ucraina.
In attesa dell'autobus mi fermai in un bar carino, dentro ad un giardino pubblico, fiori finti e ottoni mi ricordarono qualcosa, dentro c'era una deliziosa aria condizionata, guardai il menù e vidi che Andy Pizza aveva colpito anche lì.
Prima di ripartire feci un ulteriore giro a piedi fuori dal vialone, per fare ciò bisognava attraversare un sottopassaggio: i gradini non esistevano più, sembrava che un branco di topi se li fosse mangiati , arrivata alla fine della scala precipitai nel buio , non si vedeva assolutamente niente, neanche la fine del tunnel, pregando di non mettere piede su qualcosa di schifoso magari un ratto morto o peggio un cadavere o delle feci , proseguii coraggiosamente.. A un certo punto nell'oscurità vidi due lucine e rumore: erano due vigili che trafficavano intorno ad un tombino.Infine "giunsi a riveder le stelle" e mi trovai difronte ad un mega hotel abbandonato e alle più svariate coperture di terrazzi: andavano infatti da muri con finestre annesse a elaborate strutture di ferro battuto, persiane e tapparelle, bambù e forati, c'era da chiedersi come non crollassero sotto il peso .
Non andai a vedere il parco con il lago nè nessun altro parco nè accettai di andare a vedere le cantine e fare gli assaggi di vini, non poteva importarmene meno, ero stanca di quel paese. La sera mangiai per l'ennesima volta da Andy Pizza, in un altro indirizzo ma sempre uguale, e vidi all'ultimo piano di un palazzo luci roboscopiche dove forse si divertivano le ragazze e i proprietari di fabbriche veneti, feci un ultimo giro per la città: casinò e night e karaoke. Per l'ultima volta dormi nell'hotel a luci rosse incurante del via vai e il mattino seguente andai all' aereoporto dove mi disfeci delle banconote locali, piccole come quelle dei Monopoli, dandole di mancia allo stupefatto taxista. Certamente non ci sarei tornata mai più in Moldavia ed era inutile tenerle in qualche borsellino.
Capii anche perchè gli abitanti fuggissero da quel paese, perchè le donne affrontassero vite totalmente diverse da quelle a cui erano abituate , anch'io lo avrei fatto, e di corsa.
Tornata a casa parlai con una vicina ucraina, quando gli dissi che ero stata a Chisinau s'illuminò " Che bella città" disse " Io ho studiato lì, c'erano fiori dappertutto, come mi sono divertita".
Mi chiesi se avevamo visto la stessa città.