Vaffanculo la DAD!
La scuola, per come la conosco io, è finita una mattina di fine febbraio del 2020.
Avrebbe dovuto essere solo una chiusura per disinfestazione straordinaria causa covid. Ma tutti noi sapevamo, nel salutarci, che da quel momento il cammino si sarebbe fatto incerto. E, infatti, ho rimesso piede nella mia scuola solo a fine giugno, per quella roba che qualcuno ha voluto ostinarsi a chiamare “Esame di Stato”.
La scuola ha poi riaperto i battenti alla fine del settembre successivo, ma col 50% degli alunni in presenza, e li ha rapidamente richiusi il 16 ottobre: la Campania è stata l’ultima Regione a riaprire e la prima a chiudere.
A tutt’oggi non sono ancora rientrato in classe. Dal 26 aprile il sindaco di Avellino posticipa, con ordinanze a cadenza settimanale, il rientro a scuola per gli Istituti Superiori.
Si va avanti in DAD (o DID o qualunque altro idiotissimo acronimo l’ottusità burocratica voglia inventare). Da sempre nella scuola la parola d’ordine è “arrangiatevi” ed i matrimoni si celebrano rigorosamente con pizza & fichi.
In questo anno e mezzo la mia casella di posta è stata invasa da petizioni, richieste di adesione, lamentazioni, proposte, alti guai, peana, accorati appelli, richieste di aiuto, denunce piene di amarezza, cahiers de doléances…
Ho letto di tutto, credetemi, da chi si sentiva cavia di laboratorio a chi proponeva nuove rinascite e piani di ricostruzione fantascientifici, da chi pretendeva considerazione per un lavoro che, spergiurava, la DAD non aveva sminuito a chi riteneva la stessa DAD il vero futuro per l’insegnamento. Alla fine a dominare era sempre la paura: paura di dover tornare in classe senza le dovute rassicurazioni, paura di dover subire orari scaglionati e pomeridiani, paura di dover lavorare PURE D’ESTATE!! E tutte con allegata richiesta di firmare e di far circolare la petizione di turno.
E tutte con un solo grande assente: gli studenti.
Così alla fine ho fatto una cosa che non faccio mai: ho mandato una lettera di risposta.
----------------------------------------------------------------------------------------------
Get.le Scrivente
Una commessa di supermercato va a lavorare tutti i giorni ed è necessario che sia così: la chiusura dei supermercati comporterebbe problemi difficilmente risolvibili. A nessuno è venuto in mente di richiedere che l’apertura dei supermercati avvenisse solo dopo che si fossero assicurati trasporti sicuri e nessun assembramento fuori dei supermercati stessi (immaginate cosa gli sarebbe stato detto!), né tantomeno si è ritenuto di aprire una corsia preferenziale per la vaccinazione di questa tipologia di lavoratori. Per non parlare delle tabaccherie, la cui ventilata chiusura rischiava di provocare sommosse popolari.
Da questa banale osservazione traggo che:
- A quanto pare le commesse dei supermercati sono enormemente più utili degli insegnanti (e di questo i più convinti sembrano essere gli insegnanti stessi) per cui non capisco perché le stesse debbano, inoltre, essere pagate meno di noi.
- Fumare o portare a pisciare il cane sono libertà e diritti irrinunciabili (come fare la spesa come e quando ci pare) chiaramente prioritari rispetto allo studio, e che una generazione di bambini ben pasciuti – a quanto pare - sarà meno danneggiata di una di ragazzini semianalfabeti.
- La nostra irrilevanza sociale è un patrimonio a cui, noi docenti, siamo particolarmente affezionati.
- Non tutti hanno uguale diritto ad avere paura.
Inoltre, che fine facciano e che futuro si offra agli eventuali figli delle suddette commesse e dove vengano lasciati (specialmente se piccoli) quando le suddette commesse lavorano è – a quanto pare – problema solo delle suddette in questione (che si arrangino!)
Ora io, davvero, trovo che sia una gran vigliaccata continuare a nascondersi dietro la presunta difesa del benessere e della protezione quando sono decenni che, pecoroni silenti, lavoriamo in scuole che sono al di sotto di ogni standard di sicurezza degno di un paese civile. Abbiamo continuato a lavorare in ambienti, troppo spesso fatiscenti e malsani, in molti casi delle vere e proprie trappole in caso di incendio o terremoto, sempre sprezzanti del pericolo.
Evidentemente anche per le paure ci sono le mode.
In questi anni ci siamo fatti umiliare da scelte politiche e didattiche al limite dell’idiozia, abbiamo ingoiato riforme demenziali scritte da ottusi burocrati che non avevano mai messo piede in un’aula scolastica, con la bovina sopportazione di polli da allevamento. Al massimo con qualche borbottìo.
Ed ora eccovi qua, tutti a scrivere per difendere la DaD, a dire che “certo è una situazione di emergenza”, che “chiaramente la scuola in presenza è meglio” ma…
Ma, in fondo, il nostro lavoro lo facciamo lo stesso (anzi c’è persino chi giura di fare molto di più! Gente che scimmiotta riti e formule che erano già obsoleti in presenza, figuriamoci in DAD!), che i ragazzi non sono stati lasciati soli, che noi docenti abbiamo eroicamente e con spirito di adattamento fronteggiato una situazione assolutamente extra-ordinaria.
Solo che ci dimentichiamo che la scuola è (o dovrebbe essere) molto più di questo: è un presidio in zone (la Campania ne è piena, pensate anche solo al “Parco Verde” di Caivano) dove non arriva non solo lo Stato ma neanche la luce della speranza. In troppi posti chiudere la scuola è significato aprire le porte alla Camorra, allo spaccio, alla prostituzione minorile o alla semplice disperazione.
Solo un imbecille può credere che la DAD possa arrivare là dove è capace di arrivare la scuola. Ma solo quando è aperta.
I discorsi sulla scuola dell’inclusione con cui ci siamo riempiti la bocca per anni erano solo fuffa per i grulli, evidentemente.
E, comunque, la DAD è solo immondizia didattica. Lo è sempre, anche laddove le cose – apparentemente – funzionano.
Ma sono cose che sappiamo tutti, è inutile dilungarsi. Io, personalmente, in questo anno e mezzo ho perso sei alunni – Carmine, Davide, Annarita, Pio, Giuliano, Luana – sei persone, sei storie, sei futuri; scomparsi, ingoiati dalla DAD.
E’ un prezzo TROPPO ALTO!
Ma che io lo dica serve a poco.
E allora l’unica cosa che posso fare è chiedervi di non scrivermi più, di non chiedermi firme o adesioni, di cassarmi da newsletters, gruppi di discussione e/o di classe, contatti lavorativi e personali, liste di ogni tipo e quant’altro. Con questa mia intendo disdire ogni abbonamento a riviste e bollettini che mi aggiornano sul mondo della scuola e revocare ogni delega ed iscrizione a sindacati e gruppi di base (dove sarà necessario scriverò lettera formale).
Insomma lasciatemi perdere. Tenetevi le vostre petizioni. Non voglio avere più niente a che fare con voi.
Grazie (firma).
---------------------------------------------------------------------------------------------
Ogni tanto mi chiedo come mai ho così pochi amici tra i miei colleghi…