Franco Battuto, Ferro Battiato
"Ti rivelerò, Gilgameš,
Un triste mistero degli Dei:
Come essi si riunirono un giorno
Per decidere di sommergere la terra di
[Šuruppak".
Tanto mi è caro quel cappello di astrakan di Battiato, di Gurdjieff, di Mingus, perché lo aveva anche mio padre. Insieme al cappotto di cammello ricordo così mio papà che ci lasciò presto, che mi lasciò in eredità una prematura solitudine. Il cappotto ce l'ho ancora e lo porto con eleganza passata mentre il cappello Sufi è scomparso in convulsi traslochi subìti. Mi ricordo al tatto la vellutata sensazione che mi investiva, si sentiva il velluto dei petali di rose.
Dal punto di vista di Gurdjieff può venire chiamato "straordinario" soltanto l'uomo che si distingua da quelli che lo circondano per le risorse del suo spirito e che sappia contenere le manifestazioni provenienti dalla propria natura, pur mostrandosi giusto e indulgente verso le debolezze altrui. Io non so se Battiato fosse un uomo straordinario ma che ci abbia regalato tanti momenti gioiosi e intimi di questo sono sicuro.
E per ritornare sulla diatriba sterile che non sapesse cantare, supererei questo sofismo occidentale inquadrando Battiato come un ašowł, cioè come cantastorie e poeta. "Il nome di ašowł indica dappertutto, in Asia e nella penisola balcanica, i Bardi locali che compongono, recitano o cantano poemi, canzoni, leggende, racconti popolari e storie di ogni genere".
Per 76 anni "qui fece campo" il figlio di Grazia, il Venere di Milo Francesco aka Mustafà Mullah Barazani che, confuso dal "fumo di una sigaretta", si ritrovò nei campi del Tennessee, come c'era arrivato non si sa.
Ma inseguendo la Quarta Via quando stava prendendo un tè al Caffè de la Paix incontrò Giorgio che gli offriva "sigarette turche". Fumare senza filtro può trapassare la barriera bronchiale tra Oriente e Occidente e ricominciare tutto diversamente abbisognava di un Fetus(o) per la rinascita. Da lì il passo per una ritenzione seminale è breve e l'esclamazione Me cojoni che Pollution! iniziava ad essere sostituita sempre più da uno "Stockausen chi legge!".
Il Clic innescato stava più sulle corde dell'artista che con le sue Arie(s) musicali conquistava una Propiedad Prohibida di impasti e accumulazioni di tentativi di innesco linciaggi. Ma i datteri coltivati in quel rigoglioso Egitto di prima delle sabbie erano di un sapore irripetibile vista la loro invisibilità. Il "Gladiator" sazio del silenzio settenario pitagorico sposta il suo jukebox in un vaso di Pandora a doppio taglio mistificando eternità con formula canzonante un pop etnico delirante geografia di reincarnazioni dove "restano i nomi e cambiano le facce e l'incontrario, tutto può accadere".
E fedele al "chi non si aspetta l'inaspettato non troverà mai la verità" srotola la matassa di lava (presa direttamente dall'Etna) di eterni ritorni sventolando bandiere e cinghiali bianchi, diventando un Re del Mondo, con giullare annesso, sulla Venezia-Istanbul, passando per la Prospettiva Nevskij facendo scalo a Grado. Cercando un centro di gravità permanente in sella al suo antico tappeto volante, si vuole vedersi danzare derviscio e da aquila che è stata, data la pronunciata nasca che si ritrova, spicca il volo del successo definitivo dove uno stormo di Uccelli lo accompagna nel suo icaro planare a scalar classifiche trascendenti.
La stagione dell'amore è aperta e l'Animale è un po' liberato dove accoppiamenti artistici Russo-Alice-Milva appagano l'androgino ermetico in lui e con la collaborazione con Sibilla si ripassa Fisiognomica arcaica riconoscendo la sorella gemella monozigote di altre vite che lo aiutano a superare la dualità sessuale, ma che non va giù ai baroni di Sanremo che sabotano la nemesi siamese sdoppiando audii.
Rispondendo esotericamente al "perché un corvo è come uno scrittoio" partono i nuovi lavori all'insegna di: "è più facile che un cammello passi per la cruna di una grondaia", "ero in compagnia di una macchina da cucire sopra un ombrello" e Haiku sparsi, dove iniziamo a cogliere frasi occidentali dopo il diluvio orient express di un Patriots curdo che a bordo della sua arca invitava al viaggio verso mondi lontanissimi che stazionano nella nostra ombra cercando tramite campane tibetane di destare l'orizzonte.
In calici finemente screziati frusciano vini che inebriano l'obnubilazione di ricercare carnalmente di celebrare riti di sangue ma la presenza astrale di quell'armonium sfiatato ci riporta per terre ignote dove le legioni del nostro ego cercano di instradarci all'antica saggezza di "delendare" vanità, dove l'imboscata dell'inganno di "tutto quello sarà tuo" ci fa stare sul chi vive dalla delusione della perdita delle cose che possediamo, che in fin dei conti ci possiedono.
Lo shock addizionale risveglia kundalini di un'ottava e ricordiamo quella vita passata di Faraone a costruire piramidi alzando le tonnellate di pietra dei massi con la forza del pensiero, masticando con nonchalanche un chewing-gum di manna dal cielo nel mentre dell'accumulazione cubica. E la leggerezza del sorrisetto della Sfinge, di cui un frammento e altro sospesi in acqua, segna l'eterno ritorno di una boccaccia velata in faccia alla Gioconda.
"Se fossi più simpatica sarei meno antipatica" cantava Giuni dove l'epurazione dei "buoni sentimenti" lascia spazio a un Sentimiento Nuevo che non ha bisogno degli occhiali da sole dove carisma e mistero non fanno più parte neanche come complemento d'arredo vista la rincorsa alla sparizione tramite un'arrendevolezza definitiva di fronte allo scontro di psicosi da albero genealogico.
La Cura è fornita da argomenti di riflessione che constatano l'esigenza di andare a scovare l'esistenza di quel Dio interiore che tutti abbiamo, battere il Ferro finché è caldo di accettare che "macula non est in te" e mai più giustificarsi nel delegare la propria anima firmando taciti accordi col guru di turno. La responsabilità della propria vita, della propria libertà è un regalo cinico del Paradiso dove la conquista della noia del divino ci suggerisce che non siamo questo corpo ma siamo qui: beata solitudine, isola benedetta.
Ulteriori tentazioni suicide vengono mediate dal vecchio cameriere di quel piccolo pub che ci serve un cordiale, dove dispute egoiche si sciolgono nell'effluvio della libagione e del flusso di una voce amica che, sbilenca, ci Sgalambra in zone rarefatte del pensiero. Il circo burlesco psicomagico dell' amico Alejandro ci fa sorridere del disagio quando provochiamo la nostra invisibilità di fronte agli altri: l'unicità dell'Unità fa passare il martedì portoghese surfando di passaggio in questi strani giorni.
È stato molto bello fornicare mentre i Fleurs si schiudevano, il ricordo di gioventù si materializza sentendo la temperatura della borsa dell'acqua calda sulla mano e lo spavento supremo Fu quello che Fu quando riconosci il cammino interminabile e lo abbracci. Gli stratagemmi aiutano a sballottolare la carcassa in tutto questo miscuglio che è la vita, sai che sbadigli sennò senza i Krisma.
Resta solo il Vuoto in un'immersione atlantidea che ci ricorda che non sopportammo la felicità.
Vorrei continuare all'infinito la frantumazione di questo dialogo interiore ma fa capoccella un protagonismo pruriginoso che è fuori luogo e subitamente intervengo a tagliare la testa al metodo e al maestro. Ci vediamo nei Giardini della Preesistenza, ciao Fra'.