Il piano inclinato
Lo zaino è fottutamente pesante: la vetta di oggi si chiama Presanella e a 3558 metri sul livello del mare il meteo può cambiare in un amen. Nonostante il clima tropicale ho portato oltre al telo termico e kit di emergenza, picozza, ramponi, scarpe da trekking, casco e scarponi pesanti. Parto da casa alle 3.30 del mattino con il paese che dorme silenzioso. I primi due passi li faccio alle 5 quando la fioca luce che precede l'alba prende pian piano vigore, gli ultimi alle 16 con i piedi che fumano e trovano ristoro nelle fresche acque del Sarca. La Val di Genova è meravigliosamente selvaggia ed intonsa. E' nei pressi delle Cascate del Nardis che parte questa traccia amena che pochissimi percorrono, vuoi per il dislivello impressionante, vuoi per l'assenza di rifugi o malghe. Il solo bivacco Berti posto a 2.200 viene utlizzato per quei pochi che decidono di intraprendere l'escursione in due giornate. Mi piace venire in questo posto una volta l'anno e mentre prendo quota penso che sarebbe emozionante vedere un capriolo, un camoscio o magari, perché no, un orso bruno che passa e non mi degna di uno sguardo mentre, rispettoso, lo ammiro in silenzo percorrere il suo salotto di casa.
Arrivo al Berti alle 7 circa. Il bosco è 400 metri più sotto e lascio al bivacco le scarpette da trekking e le birre che ho cura di mettere in un catino dove c'è la pompa dell'acqua. Qualcuno che è già salito da almeno due ore ha lasciato il fornelletto a gas e così mi concedo un caffé insperato che è una gran goduria. Caldo! Grondo come in sauna: sembra la fine dell'estate non inizio luglio. Il fiume Sarca in questo periodo solitamente è impetuoso e oggi la portata è ridicolmente bassa. Affronto la morena e mi si para davanti uno spettacolo drammatico. Le Lobbie, l'Adamello, il Corno di Cavento, il Caré Alto, Cima Presena tutte praticamente senza coltre bianca. La neve dell'inverno è già quasi sparita su tutte queste cime ampiamente sopra i tremila e i ghiacciai sono completamente aperti e pieni di rughe (crepacci) con un colore grigio scuro che mi lascia senza fiato. La picozza e i ramponi sono praticamente inutili proprio come temevo. Il versante sud della Presanella che sto affrontando è quasi senza nevai e quel sottile manto che trovo si lascia modellare dal mio scarpone senza che debba utilizzare la "picca". Solo immensi cumuli di granito mi separano dalla vetta che raggiungo rapidamente e senza quasi difficoltà tecniche.
Alle 10 sono in cima e l'aria è così calda che il berretto, i guanti, il piumino non servono. E' sufficiente una banale giacca a vento e rimango lì, per una buona mezzora, a guardare questi ghiacciai agonizzanti mentre mordo un panino, mi idrato e mi riempio di crema 50. Dovrei essere felice per la faticata e la buona forma, nostante abbia passato gli anta e smesso di fare gare da dieci anni, ma vedere tutto questo grigiume mi lascia basito, perplesso con un magone che mi serra il fiato e mi si attorciglia addosso. Mio figlio forse non lo vedrà più un ghiacciaio alpino ma solo una stinta e stretta lingua.
Sono lì che bevo due birre immerso tra i miei pensieri quando il mio amico che lavora al soccorso alpino mi manda un messaggio. "Dimmi che non sei sulla Marmolada! ******** è venuto giù un seracco sotto Punta Rocca!!!"
Quel video che ritrae un fiume di pietre e ghiaccio scendere a valle con una potenza devastante portandosi via decine di vite (16 sono le macchine ancora ferme al Passo Fedaia) mi ha destabilizzato e non solo per le famiglie distrutte. Mi sembra che sia una fotografia della nostra situazione attuale: una biglia che inesorabile scorre veloce su un piano inclinato e ci travolge, ci frana addosso. E' come se i problemi irrisolti accumulati per decenni e rimasti in pericolante equilibro fossero caduti trascinandosi a vicenda in un rotolio infernale senza fine. Vedere quel buco nella seraccata della Marmolada, una montagna che ho scalato enne volte, mi ha lasciato "in sospeso" come questi puntini...
Realizzo che in un contesto drammatico di crisi globali come quella ecologica, economica, sociale, geopolitica non ci sono nemmeno le mie adorate montagne locali a cui mi possa aggrappare per avere un minimo di sicurezza. Uno pensa vigliaccamente sempre solo al proprio orticello del cazzo ed in maniera ignobile fa lo struzzo pensando "fortunatamente non mi riguarda direttamente! Non ancora". Quel buco in mezzo alla Regina delle Dolomiti mi riguarda e non posso fare a meno di chiedermi quanti schiaffoni in faccia, quante pedate nel culo e quanti pugni sul grugno dovremo prendere ancora? Ovviamente non parlo solo di clima.
Poi leggo che adesso arrivano i No-Sic, che negano la siccità, e penso che siamo tornati all'oscurantismo del Medioevo. E allora torno adolescente e mi monta addosso un ribollio sì acuto e velenoso che mi fa pensare ad una cosa talmente orrenda e oscena che no, non la scrivo. Ma la penso, Dio se la penso!