LA TERRA AVVOLTA NEL PUZZO E IN UN MANTO UMIDO DI TRISTEZZA
La pioggia cadde molte volte prima che calasse l'oscurità. Io giacevo a terra, Isa si adagiò accanto a me. Silenzio dentro noi, silenzio fuori, per ascoltare la voce della natura. Le gocce cadevano leggere, picchiettando ovunque posandosi sulla sabbia dorata, su pacchetti di sigarette gettati via, su flaconi di crema solare dimenticati, sulle carcasse di creature decomposte, su bottiglie di plastica. Cadevano su tutto ciò che era diventato inutile, su me su Isa, sulla nostra esistenza. S'era formato un rivolo d'acqua, scivolava tra i viottoli silenziosi, sprizzando, ribollendo, borbottando, bagnando ogni cosa. Portava con sé gocce avvelenate che infradiciavano e contaminavano i fiori, obbligati a piegare il capo e appassire. Che tristezza, ma non c'è dolore che possa offuscare la poesia che abbiamo in noi, la troveremo sempre, oltre che nel canto della pioggia, pure in una pineta dove non ci sono più gli odori, i colori, le luci di sempre, solo sporcizia. Dove sono quei bei temporali che inzuppavano i boschi e dopo aver bagnato rami e foglie, tutto gocciolava e ogni cosa era in festa?
Parlo di un tempo lontano. Guardavamo la pioggia, leggera e multicolore, danzare su tutto ciò che non serviva più. Sul immondizia. Il suo puzzo si mischiava con quello del temporale estivo e vi si perdeva. In quella natura trasformata, quello che era scarto aveva invaso il pianeta riducendo in agonia ciò che vive. Dove giacevano i sacchetti di plastica corrosi, in quello che l’umanità aveva rigettato, si rivelava il nostro lato oscuro. Sotto il peso del consumo sfrenato il mondo era mutato e il pattume era divenuto il nostro triste accompagnamento. I fanciulli nascondevano gli occhi dietro una barriera di dita, cercando di evitare lo sguardo su quel cielo malato, ma i loro occhi erano tristi e lacrime li inumidivano. Già i veleni avvolgevano il globo come un amante appassionato e in questo mortale abbraccio, i cieli avrebbero presto esalato l'ultimo respiro. Ma volteremo le spalle anche a questa evidenza, infine, vagheremo senza meta, senza scopo, prigionieri dentro un vortice di autoinganno.
Immerso in queste malinconiche riflessioni, volto proteso al cielo, godevo a lasciarmi penetrare dalla pioggia e dal profumo del mare. Ascoltavo in silenzio il ticchettio costante delle gocce. La pioggia scendeva leggera dando vita ad una sinfonia visiva, pareva d'ascoltare: One of These Days dei Pink Floyd. Le piccole perle d'acqua cadevano senza sosta, pennellando colore su tutto. S'era formato un nuovo paesaggio, mi sembrava d'essere intrappolato in un dipinto di Banksy. La spiaggia bruciava sotto il sole rovente e il fetore avvolgeva la terra in un manto umido di tristezza. Pensavo che la natura, offesa da tanta sporcizia, prendesse le distanze da ciò che dissonava dalla bellezza che aveva sempre creato. Ma, ora lo so, la natura non segue né le leggi degli uomini né dettami poetici, non sa cos'è il bello e non partecipa in alcun modo alle cose cui noi diamo importanza. E noi, Isa ed io, abbagliati dal sole e dalla colorata apparenza di quel mondo, continuavamo a godere, inzuppati d'acqua e coi nasi all'insù.