Gita domenicale.

1)

Son le dieci di mattina…

E, nell’aria quasi tiepida, passa la classica famigliola dei boschi. E son rarissime le famigliole dei boschi...rarissime…

Lo sapete vero, quali sono le famigliole dei boschi? Son quelle in preda, nientemeno, che all’armonia universale. Quelle che spaccano, sfilano…O sfilano e spaccano...

E questa è assolutamente fantastica: culo portentoso e faccia buffa lei... e pure lui, oh si si, pure lui è sul buffo andante.

Poi a comporre il trittico perfetto (o magico trio che dir si voglia) non manca il bimbetto saltellante d’ordinanza.

Apparizione? Buon auspicio? Magic moment?

Sia quel che sia, culo dei principianti oppure che la prima è dei bambini, l’inizio promette bene.

Senza contare che il sole, pur quasi accecante, lascia all’aria qualcosa di frescolino e questo significa che è l’ottobre, ovvero il mese mio.

E poi, qui al bar Emilia, fanno il miglior caffè della città, bene…bene bene bene...anche perché tra i molti sintomi della decadenza dell’oggi vi è certo il fatto che il caffè sia il più delle volte una oscura brodaglia.

Per non parlare del cappuccino…

2)

Ma ok, si parte...si va a Casola, e Casola è una favola...ed è anche il paesino delle erbe officinali...ma è pure Tolintesac, che, se voi permettete, significa prendila nel sacco, cioè a dire: in culo. Ed è stato uno scrittore pizzaiolo (o pizzaiolo scrittore) a chiamarla così.

Almeno credo...

E comunque sia, ditemi voi, vi è forse un luogo al mondo che non meriti di appellarsi così? Non sto neanche ad ascoltare la risposta...

Ecco, si, si parte…

In macchina, ascoltiamo i Belle and Sebastian, davvero perfetti per questa luce d’autunno. Il loro “The boy with the arab strap” è il nostro disco da gita.

In questo caso addirittura gita domenicale…

Oddio, in una gita domenicale di quelle dei tempi miei (di quelle, intendo, che a un certo punto c’era la cedrata Tassoni al bar) si sarebbe partiti nel primo pomeriggio. Che, la mattina, la mamma (moglie zdora) era impegnata con l’arrosto.

Non è il nostro caso, miss Luludia l’arrosto lo compra alla coop…

E, a proposito di miss Luludia, ecco, miss Luludia è li che canticchia…

Li conoscete i Belle and Sebastian, vero?... quella bella robina a metà tra il Nick Drake di Bryter later e il miglior pop che possiate immaginare…una di quelle faccende molto molto happy/sad…

Per alcuni troppo la la la, ma non certo per me...

Che poi qui ad un certo punto, credo proprio nella canzone che da il titolo all’album, il cantante dice una cosa del tipo: “faccio l’elenco delle mie migliori dieci masturbazioni”…e siccome quell’elenco ogni tanto lo faccio anch’io…

3)

Sulla strada, che è strada d’autunno e quindi strada di colori, appare l’incongruità di una enorme mela a forma di cuore, una roba pubblicitaria...è orrenda, ovviamente, ma serve a far sorridere l’orsetto interiore di miss Luludia, uno che è meglio tenersi buono…

Per cui ok alla mela a forma di cuore.

Poi ecco, con la meraviglia della sua facciata romanica e l’austerità contadina delle retrovie (un tempo abitazione di certi monaci benedettini), ecco l’abbazia di San Giovanni.

Ci fermiamo, che essendo domenica, è aperta…

Un codazzo di gente ascolta un cicerone e a noi non so perché ci vien da uscire, miss Luludia coinvolta dalla semplicitò del tutto, io un po’seccato, che la mia tirchieria mi ha impedito di acquistare a euro dieci un libercolo sulla storia dell’abbazia.

Prendo solo qualche depliant...

Risaliamo in macchina e poco dopo si passa dalla casa natale di Alfredo Oriani, quello della bicicletta

“La bicicletta è la trascrizione dell’energia in equilibrio, l’immagine visibile del vento...si può dire di lei quel che si dice del violino, ha raggiunto la sua perfezione per sempre”…

3)

Poi ecco Casola…ed ecco, inaspettato, il vento...

Parcheggiamo lontano, che oggi c’è la sagra dei frutti dimenticati…

Troppo facile dir melograni e nespole…che qui è faccenda di pere volpine, corbezzoli, cornioli, azzeruole...nomi bellissimi, bellissimi colori…

E mentre miss Luludia fa la pipì, ascolto lo speaker che annuncia il programma della giornata...ma a noi frega niente, noi andiamo a naso, e conoscendoci mi sa che faremo solo un breve assaggio…

E ci incamminiamo: bancarelle con rametti di bacche rosse, pere piccole piccole, mele più piccole ancora, marmellate...profumo di castagne…

Che oggi è anche la festa delle castagne…

E i caldarrostari sembran quasi soffiare fumo su tutta Casola.

Così, mentre dalla piazza la strada sale verso l’azzurro, le bancarelle, col vento che le sommerge di sole e di fumo, sembran come sospese. Le bancarelle e tutto il resto.

E, a tratti, è tutto un dolcissimo tremolio…

4)

Poi ci fermiamo davanti a una porticciola di legno dove sono affissi tre bellissimi disegni in bianco e nero. Non so, potrebbe sembrare la porta di un artigiano, ma è chiusa e non c’è nessuno. Solo quei tre disegni.

Uno ritrae un viso di donna. Una sorta di Gioconda del popolo, un mezzo sorriso e il dolce e raccolto mistero degli occhi. Niente di esoterico però, solo e soltanto una donna qualunque in un attimo non qualunque.

Una zdora, in fondo...

E scatta qualcosa, io non lo so il perché, ma scatta.

E quel disegno mi fa venire in mente Rosa cuore d’oro, una mitologica prostituta che, nel dopoguerra, stazionava davanti all’osteria della pace a Imola.

“Perché la chiamano cuore d’oro, nonno?”

“Perché è molto generosa con tutti.”

Ah ripeto, non lo so il perché...ma quella è Rosa cuore d’oro…anzi Rosa cuore d’oro “dalle guanciotte rosse e viso color cipria”…e il virgolettato vien da un libro di ricordi di una vecchia signora

Io li adoro i libri di ricordi. E tutti quei personaggi…tipo quella matta, sempre imolese, che andava a lavare le mutande nell’acquasantiera.

In ogni caso son proprio felice d'aver dato un volto a Rosa cuore d’oro…

5)

Andiamo avanti e, dopo l’assenza di vento del vicolo stretto, torniamo in piazza.

Ed entriamo in un qualcosa tipo mostra.

Nella sala grande ci stanno i frutti lucidati in bella vista, in quella piccola ci son delle fotografie. Mi tuffo in quella piccola e li un foglio illustrativo racconta la storia di un signore che da bambino guardava la forme delle nuvole, le macchie sui muri, le striature dei sassi.

(BELLO, LO FACEVO ANCH’IO!!!)

(ANZI LO FACCIO ANCORA)

(E IMMAGINO ANCHE VOI)

La mostra raccoglie delle foto ingrandite e ritoccate di una fontana nelle diverse stagioni e nelle diverse ore del giorno.

Il concetto è sempre quello delle macchie sul muro: osservando si vedono cose e, ingrandendo e ritoccando, quelle stesse cose si accentuano e finiscono per prendere in modo sempre più chiaro la forma che avevi intravisto.

Le opere però, onestamente, mica mi piacciono. Meglio, molto meglio la storia che c’è dietro.

E allora faccio per uscire. Ma il fotografo mi abbranca, e comincia a chiedermi se mi è piaciuto quel che ho visto. Io gli rispondo che, soprattutto, mi è piaciuto lo scritto.

E comincia a raccontarmi. Mi dice che ora fotografa farfalle…“Le farfalle scappano, ma se stai un venti minuti le puoi prendere tra le dita”

Poi cominciamo a parlare delle macchie sui muri e qui viene il bello…

“Se vuole la porto a vedere una macchia incredibile, è proprio qui vicino”

“Va bene”

Miss Luludia già da un po’ stava fuori ad aspettarmi.

“Devo andare con questo signore a vedere una macchia sul muro”

“Cosa?”

“Si è qui vicino”

E così anche miss Luludia, non so se più stupita o più divertita, alla fine viene con noi.

Non facciamo molta strada.

La macchia non è proprio una macchia, ma una specie di screpolatura. Che dire, nonostante pure io sia propenso, a me non dice niente. Invece lui ci ha visto roba, la spirale universale di qualcosa, l’inconscio, cose così...

“Le restituisco il suo fidanzato, signorina” Poi ci stringe la mano e se ne va. Fantastico.

Dovremmo mangiare, ma c’è troppa fila ovunque. Allora, visto che è la festa dei frutti dimenticati, ci prendiamo un etto di corniole.

Sanno di marmellata andata a male. Ma chi se ne frega…


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