Finché LAT non vi separi!

L’Olanda, dicono, sia uno dei paesi europei più avanzati quanto a legislazione che va ‘al passo coi tempi’ (qualunque cosa voglia dire ‘coi tempi’).

Proprio nel paese dei tulipani, di Ruud Gullit e della Donkervoort (come: cos’è la Donkervoort? È la macchina che vedete su in foto!) ho scoperto il LAT.

LAT è l’acronimo di Living Apart Together. Ed è una legge.

Praticamente: sei sposato, anche con figli? Anche da molti anni? E non sopporti i piedi freddi del tuo partner (banalizzo, ma non troppo… )?

No problem! La legge, appunto il LAT, ti permette di vivere non in due stanze separate – che d’altra parte a casa sua ognuno fa quel che vuole – ma addirittura in due appartamenti separati!

E i figli possono stare dove volete voi e per il tempo che volete voi. Tipo pacco.

Pare che questo sia ormai un modo abbastanza comune di praticare la convivenza matrimoniale anche in Francia e Scandinavia e, soprattutto, che sta prendendo piede anche in Italia.

Anche se nel paese del panettun, di Paolo Rossi e della Fiat (ma la Fiat esiste ancora? E quel che ne resta è ancora italiana?) la legge non lo prevede e permette.

Direte che nessuno ci ha ancora pensato o che da noi comanda il cupolone papalino e queste cose non si fanno. Non so, ma in Italia, che io sappia, se sei sposato hai l’obbligo della coabitazione. Anche se poi c’è la possibilità di avere residenze separate per motivi di lavoro, ecc. ecc. . Ma questo è un discorso diverso.

In Olanda non c’è bisogno di un motivo particolare per usufruire del LAT: cambi casa e basta.

Naturalmente non c’è bisogno neanche di specificare in quale dei due appartamenti i due coniugi assolveranno al loro obbligo matrimoniale più interessante e godereccio.

Ora, capisco chi lo fa perché deve stare ancora a casa di mammà per motivi economici.

Ma qui qualunque motivo è buono: c’è chi lo fa perché non sopporta qualcosa del partner, chi vuole ‘avere i suoi spazi’, chi non può vedere gli amici del coniuge, chi non vuole alzarsi al mattino e dover condividere con l’altro quei momenti delicatissimi che ti possono indirizzare la giornata in un verso o nell’altro. Motivi che vengono definiti ‘sociologici’ dai diversi studi sul fenomeno.

Insomma: si può vivere come perfetti sconosciuti o amici che si incontrano ogni tanto per fare uno scambio di sudate (per citare Woody Allen) o per gustare il pollo alla brace con patatine e rosmarino. E rimanere legalmente sposati a tutti gli effetti.

A questo punto, io chiedo: ma allora, che vi sposate a fare?

Oggi come oggi anche in Italia, grazie alle ultime leggi, le coppie ‘di fatto’ sono tutelate praticamente alla pari di quelle sposate; quindi perché arrivare davanti al sindaco o al parroco e firmare un qualche registro? Solo per provare il brivido di vedere come viene la foto di rito? O provare l’effetto che fa il riso che s’insinua nella scollatura della sposa?

Il matrimonio penso, anche al di là di una connotazione ‘religiosa’, è voglia di stare insieme, condividere, litigare e fare pace, giocare insieme coi figli, ‘costruire un progetto’ (come mi vengono bene oggi le frasi!). E per fare questo devi avere tra i piedi l’altro/a.

Dice: ma se la convivenza è difficile? Io non lo conoscevo, non sapevo che l’alito gli puzza, che rutta durante le partite in TV della Sanremese (per dire) e non apparecchia mai la tavola.

Ma perché, oggi si va a vivere sotto lo stesso tetto solo dopo il matrimonio? Nessuno convive prima? Queste cose, non le sapevi già?

Non capisco, proprio non capisco…


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