Comincio oggi una nuova rassegna dedicata a chi su queste pagine propone così tante cose interessanti (che mi interessano) che è difficile stargli dietro, cioè @[Buzzin' Fly] aka @[ALFAMA]. La rassegna ha lo scopo di cercare di essere metodico di seguire il mio amico nei suoi tanti suggerimenti e si intitola 'Buzzin' Sound', l'etichetta di riferimento è #buzz e questo qui è il primo capitolo di una serie che si preannuncia essere potenzialmente interminabile. Grazie Buzz per le mille 'chicche' che mi (ci) regali ogni giorno.

International Harvester - Sov gott Rose-Marie (1968).

Gli International Harvester sono la reincarnazione della cult band svedese Parson Sound (la cui unica pubblicazione è effettivamente un vero e proprio oggetto di culto in quanto recuperata e ritornata alla luce solo nel 2001 dopo praticamente oltre trent'anni) e che con questo nome ha pubblicato un LP nel 1968 intitolato 'Sov gott Rose-Marie' altrettanto degno di essere considerato quanto il primo LP. Se non di più. Mentre infatti 'Parson Sound' guardava in qualche modo ad alcune sonorità del rock sperimentale dei Velvet Underground oppure ai Rolling Stones, qui il gruppo filtra queste sonorità attraverso quelle che sono da una parte le tradizioni folk del loro background culturale e dall'altro proponendo un certo suono d'avanguardia, espressione di dissenso totale alle forze e al pensiero capitalistico e in particolare dedicandosi alla causa naturalista. Il risultato è uno dei dischi migliori di quegli anni. Nel lato A si alternano sonorità più garage e ossessive ('There Is No Other Place', 'Ho Chi Mihn') con momenti più sperimentali come la introduttiva 'Dies Irae', una specie di trionfante fanfara nello stile del film 'peplum' di quegli anni; la ipnotica e quasi assordante 'Klocan Ar Mychet Nu (It's Getting Late Now)'; la ballad psichedelica con rimandi orientalieggianti 'Sommarlaten (The Summer Song)'; le diffuse atmosfere del panorama scandinavo e che trovano la massima espressione nella title-track, la evocativa 'Sov Gott Rose-Marie (Sleep Tight Rose-Marie)'. Il lato B apre invece al puro sperimentalismo più selvaggio. 'I Mourn You' azzera tutto quello che fanno i VU in 'White Light/White Heat'; 'How To Survive' è come avrebbe suonato 'Tomorrow Never Knows' se fosse stata scritta dai Tinariwen; i venticinque minuti di 'Skordetider (Harvest Times)' anticipano gruppi come i Dead Skeletons di quarant'anni. Carico di contenuti ideali e allo stesso tempo selvaggio come il profumo delle foreste di conifere della taiga russa e scandinava, ecco qui un disco che ci mostra come gli svedesi abbiano sempre costituito storicamente una specie di avanguardia sul piano culturale e nella specie musicale anche in anni in cui le attenzioni erano chiaramente tutte concentrate sugli USA e il Regno Unito. Fondamentale.

International Harvester - Skördetider (Harvest Times)
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