Chissà se su questo sito si può scrivere la recensione di una recensione.

E - a fortiori, come dicono quelli bravi - chissà se lo si può fare se di quella recensione non ti ricordi una singola parola.

Il giornale era un giornale che credo - e spero - non ci sia più. L'anno un anno magico. L'Anno, che quasi lo scriverei con l'acca, giusto per fare arrabbiare Flo. E in quel giornale lì, così scemo, e così importante per me, a un certo punto esce una recensione. Strana. Matta, forse. Chi lo sa di chi. Il disco di una tizia. Metà polacca, metà italiana. Che vive e canta in Francia. Il titolo è Faudrait rallumer la lumière dans ce foutu compartiment. Bisognerebbe accendere la luce, in questo fottuto scompartimento. Un titolo strano, una tipa strana. Un disco, strano, che chissà dove cavolo mai l'avrà trovato, quel tipo lì, che scrive su quel giornale, di solito recensiscono i Genesis, o fanno le classifiche, chi suona meglio la chitarra: Eric Clapton o Jimmy Page?

E - da quella recensione - un bigliettino. In tasca. Ma siccome sono pigro, anche lo storpiamento, in tutti i possibili modi, di quel titolo lì. Complice anche la mia conoscenza del francese, che si ferma a Je suis Catherine Deneuve (del resto molto utile nelle conversazioni). Un disco che lo cerchi, ogni volta che vai in un negozio. E che non lo trovi mai. Che non lo senti per radio, e allora soundcloud o youtube mica c'erano. Nemmeno internet, a dirla tutta. Per fortuna dei sopracitati soundcloud e youtube verrebbe da dire. Ma quel disco lì mica si trova. Tanto che, a furia di storpiarlo, a furia di cercarlo e di non trovarlo, te lo dimentichi. O forse sarebbe meglio dire pensi di essertelo dimenticato.

Poi, adesso che c'è internet, per caso, un giorno ti ritorna in mente. E nella finestra di ricerca di google scrivi quello strano titolo nel modo che ti ricordi. Ma google ti perdona. E te lo fa trovare.

Ora. Io lo so, qualcuno pensa allo stereotipo, di uno che vive nel passato. Che ascolta solo la musica di quei tempi là. Che rimpiange. Che invece c'è musica anche adesso, che vale, che è bella. Oppure Algol, che qualche tempo fa scriveva che ho un talento innato nello scrivere di nulla.

Sì.

Mica lo so se si può, su questo sito qua, fare la recensione di una recensione. Soprattutto se di quella recensione non ti ricordi nemmeno una parola. Perché farla, una recensione così, vorrebbe proprio dire parlare di nulla. Parlare di una cosa che non ha dimensioni, né massa. E nemmeno tempo. Vorrebbe dire parlare di un'emozione. Che poi, di fondo, è un po' come parlare di musica. Almeno per me. Niente dimensioni, niente massa, niente tempo. Solo emozione. La mia, ad aprire quelle pagine lì. A riallacciare un filo. A chiedermi cosa mai ci potesse essere scritto, in quella recensione, da ricordarmela, a distanza di tanti anni. Una cosa senza dimensioni, senza massa, senza tempo. E senza parole, nemmeno, per dirla. Una cosa così.

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