Quanti di voi hanno ricordato le cazzate, i dolori, le passione i fanatismi di quando si era adolescenti, giovani, innocentemente certi della vita? Tanti, almeno credo. Nella vita si affrontano anche lutti, fortunatamente rari nella giovinezza, ma intensi come fantasmi plasmatici, inaspettatamente crudeli come una ferita a doppio taglio. Sempre presenti. Minacciosi.

Nella scena Brit Pop targata '95 (cazz...sono passati quasi 15 anni!) c'era un gruppo che esprimeva la realtà di quei tempi con rabbia ed energia, declinava avventure popolari, miti e leggende con saggezza da pub: erano i Manic Street Preachers.

I Manics non sono mai stati una band compiacente, si sa. Non piacevano agli intellighenzia indie, a causa di un'eccessiva brutalità pseudo-glam. Non piacevano ai puristi New Wave, data l'eccessiva purezza delle linee vocali. Non piacevano ai rockettari, reo l'eccessivo amore verso le sonorità pop. Tutto questo in Italia, s'intende. In Uk sono considerati patrimonio nazionale, non a caso.

Nel febbraio del 1995 un evento tragico scosse quello che in fondo era un gruppo come tanti della scena britannica: scompare uno dei membri. Non è una scomparsa canonica nel rock. Non è morte. E' scomparsa nel senso più puro del termine. E' scomparsa nel nulla.

Richey Edwards, questo il suo nome, esce da un albergo londinese e non ritorna più.

Perdere una persona vicina così può portare a conseguenze umane terribili, un dolore privo della rassegnazione, di una illusoria sublimazione, di un simbolo che testimoni la fine. Rimane solo una speranza infida, che si incunea all'interno di tutte le occasioni in cui si cerca di dimenticare. Crudele come la sofferenza vera.

I tre componenti rimasti nel vortice affronteranno tutto quel che consegue con una esemplare dignità: mai un'intervista per aumentare le vendite, mai un brano retorico di dedica, mai una buffonata con i fan. Solo silenzi e cortesi sorrisi amari. Altro che Vespa. Come al solito c'è chi ha malignato, ma pazienza.

Richey è stato dichiarato legalmente morto nel 2008. Tredici anni dopo. In questi anni i tre Manics hanno alternato album notevoli a vere e proprie vaccate, hanno polemizzato contro lo squallore contemporaneo, hanno raccontato il loro Galles, hanno provocato molto, si sono levati qualche sfizio. Ad esempio parlare con Fidel Castro, tanto per gradire. Una cosa però è rimasta proibita: parlare di Richey.

"Journal for Plague Lovers" sfata tale tabù, è una raccolta di appunti scritti da Richey prima di lasciare la sua identità, riadattati in forma lirica, musicati e trasformati in un vero e proprio album.

E' un lavoro discografico molto più profondo dell'ordinario: è una commemorazione, una elaborazione di questa maledetta bestia chiama disperazione, è un tributo intenso e mai retorico.

Ben realizzato, come in ogni mausoleo della memoria che si rispetti, sobrio e sempre adeguato. Teneramente bello e commovente.

"Journal for Plague Lovers" assomiglia terribilmente a "The Holy Bible", l'ultimo album realizzato interamente con Richey Edwards, quello del 1995, per intenderci.

E' una somiglianza simile a quelle sovrapposizioni fotografiche dolcemente kitsch, come quando ci si guarda nelle foto del passato rielaborandole con la sensibilità e gli occhi del presente.

L'impressione costante è che questo album sia davvero l'ultimo, non nel senso commerciale del termine, bensì nel suo senso puro. I Manics hanno messo i conti a posto, non c'è più nulla da dire, da esprimere, da contestare. E' concluso l'ultimo atto, quello più saliente.

Perché i Manic Street Preachers sono fatti così: non hanno mai ostentato espedienti artistici per testimoniare la loro visione. Bastava vivere e raccontare. Ma quando la pagine sono finite è meglio dire: “it's all over”. E' tutto finito. Un addio, seppur forzato dalla rassegnazione, ad un amico.

Elenco tracce e video

01   Peeled Apples (03:32)

02   Jackie Collins Existential Question Time (02:24)

03   Me and Stephen Hawking (02:44)

04   This Joke Sport Severed (03:02)

05   Journal for Plague Lovers (03:45)

06   She Bathed Herself in a Bath of Bleach (02:17)

07   Facing Page: Top Left (02:40)

08   Marlon J.D. (02:50)

09   Doors Closing Slowly (02:51)

10   All Is Vanity (03:30)

11   Pretension/Repulsion (02:05)

12   Virginia State Epileptic Colony (03:21)

13   William's Last Words (04:28)

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Di  GrantNicholas

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 Bradfield sfoggia una voce che finalmente graffia di nuovo come carta vetrata, su liriche forti ed incisive come lamette.