Un’altra tappa fondamentale per l’elettronica è sicuramente “Inventions For Electric Guitar” di Manuel Gottsching, chitarrista dello storico gruppo Ash Ra Tempel. La band, all’inizio degli anni 70, sforna capolavori come l’album omonimo e la traccia “Suche & Liebe” nel disco “Schwingungen”, incentrando il sound in un rock cosmico lisergico visionario.

Lo stile, seppur Manuel suonasse la chitarra, e senza dimenticare la presenza di Klaus Schulze alla batteria nell’esordio, inaugura senza dubbio la fase elettronica grazie ai suoni dilatati dei pattern delle sei corde. L’esperienza fantastica degli Ash Ra Tempel, trio indiscusso che si unisce insieme alle altre glorie tedesche (Agitation Free, Xhol Caravan, Neu, Embryo, Kraan, Faust, Can…) si conclude nel 1973.

Gottsching è una delle menti più geniali del panorama, che si distacca dal ricopiare gli schemi già scontati ad inizio anni Settanta del rock blues inglese di fine Sessanta, cercando e creando un concetto del tutto innovativo. I King Crimson di “Discipline” (1981), l’Eno solista e i Talking Heads del periodo “Fear Of Music – Remain In Light” propongono degli schemi assurdi, mai ascoltati prima, con ritmi intricati, labirinti sonori ed influenze afro.

Nel 1974, però, il caro Manuel lancia un'altra ricetta utile a tutti i folli artisti che da quel periodo in poi si cimenteranno ad ideare una nuova veste per la Musica (quella con la M maiuscola). Uno sposalizio tra suono e immagine, visione, film.

L’esordio solista, oltre ad essere illuminato, presenta il quadro perfetto per conoscere al meglio l’universo Gottsching, semmai non lo si avesse ascoltato prima. Già dal primo disco degli Ash Ra Tempel, si è venuti a contatto con la sua versatilità: lì c’è la jam infernale di “Amboss”, caratterizzata da scale blues e sferzate acide, e la levitazione di “Traummaschine”, vero flusso di coscienza dilatato minimale.

A mano a mano si aumenta inevitabilmente il concetto di meccanica, computerizzazione e robotizzazione, in modo tale da rendere la musica come un programma infallibile, fino ad arrivare a certa roba elettronica successiva (vedi gli Autechre) che la trasformeranno quasi in un hacker o un software.

“Inventions…” è inaugurato subito da “Echo Waves”, capolavoro del disco, dove si può assaporare tutta l’essenza che fino a quel momento ha maturato Gottsching. Sequenze in loop, mantra ossessivi, gamelan ipnotizzanti e uno dei primi veri esempi di trance. L’impostazione è quella che già con i lavori di Schulze abbiamo saputo apprezzare: un inizio minimale con la difficoltà di riuscire a scorgere le note, per poi creare un crescendo e una forma che sfocia in alcune piccole variazioni. Manifesto esemplare dell’estro di Manuel.

“Quasarsphere”, invece, lascia da parte il ritmo incalzante e mostra un esempio di note soffuse in un ambient sovrannaturale, divino, incantato. “Pluralis”, la traccia conclusiva di venti minuti, propone uno schema meno variegato di “Echo Waves” e maggiormente incentrato nella trance. Ritmi ripetitivi che vengono variegati lentamente in un formidabile esercizio sperimentale. Gli effetti che si possono riconoscere sono certamente il delay e il tremolo, fusi in un magma sonoro tanto da formare un colossale immaginario muro di note.

Un viaggio imperdibile e consigliabile anche a chi non mastica troppo le jam strumentali e la dimensione filmica della musica. Un album del 1975 e ancora cento anni avanti, purtroppo o per fortuna.

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