Sinossi.

Andrea è uno studente del liceo classico. Durante una lezione di lettere con tema la poesia La Tovaglia del Pascoli, dal tetto adiacente l'aula una donna di colore minaccia di uccidersi in crisi isterica. Nel momento di panico generale si distacca dalla classe e casualmente incrocia lo sguardo inquieto di Giulia (Maruschka Detmers) perdendo letteralmente la testa per la ragazza instabile e compagna di un terrorista pentito. Da quel momento si aprirà una girandola di situazioni vorticose tra i due, si inseguiranno, si cercheranno, si ameranno intensamente. La scuola, che osserva la scena iniziale del tentato suicidio come uno spettacolo, è il luogo della passività, dell’addestramento. In questo panorama, Andrea e Giulia sono due corpi che si cercano per uscire dalla gabbia, per inventare una relazione che non sia già scritta, già prevista, già giudicata.

Hanno tratti psicologici molto distanti; Andrea è sulla soglia di un punto di rottura con il padre psichiatra ed in generale con il suo sistema – scuola; famiglia e relazioni interpersonali- e determinato nel costruirsi una indipendenza, Giulia interpretata da una fantastica Maruschka Detmers ( che era appena uscita dal set godardiano di Prénom Carmen) è ingessata in uno schema borghese apparentemente senza uscita: il padre giurista ucciso dalle BR ; il fidanzato brigatista pentito, l'invasiva figura della madre del fidanzato, che spinge per un matrimonio che porti benefici giudiziari al figlio e l'ombra appagante dell'abitazione lussuosa nella quale rifugiarsi. Dopo la scena iniziale sui tetti dopo la lezione sul Pascoli, quasi un presagio di un improvviso tornado nelle esistenze dei due personaggi, i due si avvieranno verso i sentieri di un trattato di psichiatria che sconfinerà nella psicosi.

Il Libro

Il riferimento di Bellocchio verso il testo di Raymond Radiguet è solo primordiale e limitato alla genesi dei 2 personaggi, il film si svilupperà poi in epoche, contesti e anche tematiche completamente differenti, anche se Bellocchio probabilmente attinge e coniuga nel suo tempo il forte carattere di indipendenza e rottura contenuto nel romanzo.

Jean Cocteau che era uno dei più grandi ammiratori del giovane Radiguet, che morì a soli 20 anni e 2 anni dopo la pubblicazione del romanzo, descrive il giovane scrittore come miope e selvatico, taciturno ai limiti della scostumatezza e con un taglio di capelli irrimediabilmente sbagliato. Grandissima la stima nei suoi confronti : egli era - Cet élève qui devint mon maître, egli possedeva la qualità aurea che Cocteau apprezzava di più, non somigliare a nulla. Quella capacità innata di instillare una fantasia libera e personalissima in un testo letterario. Il romanzo narra la storia di una relazione amorosa clandestina tra un adolescente e una donna sposata durante la Prima Guerra Mondiale. La narrazione, ambientata in un contesto storico segnato dalla guerra, esplora i temi della passione giovanile, dell'innocenza perduta e delle conseguenze sociali di un amore proibito, con uno stile unico e particolare, incentrato sulla relazione dei 2 amanti e dove il contesto bellico e la società apparivano solo come un affresco sfumato. Oltre che per la sboccata sensualità, nominata sin dalla prima pagina, il testo destò scandalo perché, all’indomani della guerra, quando ancora si contavano le vittime, descrive quegli anni come una serie di «ininterrotte vacanze» per chi era molto giovane, uno strano periodo in cui il narratore è colpito dalla «poesia delle cose».

Se gli ingranaggi complessi di un capolavoro operano sovente in maniera armonica ma invisibile, nel romanzo Radiguet riesce a muovere i fili dell'intreccio con una straordinaria delicatezza ed il suo io narrante offre il proprio essere in tutta l'opera, restando senza nome per l'intero romanzo quasi a voler aspirare alla personificazione di una Idea.

Bellocchio ispirato dallo psichiatra Massimo Fagioli con il quale in quegli anni aveva stretto una forte collaborazione inattesa ed artistica proverà nel suo film, anche se distante nelle epoche e nel logos dei personaggi a captare parte di quegli ingranaggi invisibili che sono l'architrave sommersa dei capolavori e del testo di Radiguet, minando il suo campo cinematografico di immagini che restano impresse come ferite luminose.

Il Diavolo in Corpo – Marco Bellocchio – 1986

Il film è ambientato nell’Italia degli anni ’80, in piena fase post-terroristica. Il padre di Giulia è stato ucciso dalle Brigate Rosse, e il suo fidanzato è un terrorista detenuto. Questo sfondo politico non è mai esplicitamente analizzato, ma permea ogni scena ed ogni gesto, la borghesia è ritratta come un mondo in stato di irreversibile decomposizione, incapace di elaborare il lutto ma soprattutto il desiderio, sottolinea il regista. Il padre di Andrea, psicanalista, ha avuto in cura Giulia e rappresenta l’autorità scientifica che patologizza senza mezzi termini e riflessioni l’amore e la ribellione. E' stato probabilmente anche lui sedotto in passato da Giulia e sulla nuova relazione con il figlio si pone in una condizione antagonista, Giulia è l'elemento disturbante del suo apparato/protocollo; è l' autorità ambigua incapace di comprendere la vitalità del desiderio. La madre del terrorista invece, incarna l’opportunismo sociale, il costume del matrimonio come strumento di liberazione, anche simbolico.

Bellocchio, da sempre interessato alla dialettica tra individuo e istituzioni, costruisce qui un’opera in cui la psiche diventa asprezza e campo di battaglia. Il desiderio qui non è solo erotico, ma politico: è ciò che sfida le regole, che rompe gli equilibri, che rifiuta l’adattamento. In questo senso, il film è dedicato a Massimo Fagioli, psichiatra “irregolare” le cui teorie influenzarono profondamente Bellocchio, portandolo a rifiutare la psicanalisi freudiana in favore di una visione più radicale e antropologica della mente.

Il desiderio qui non è adagiato alla sfera privata o sentimentale, vi è equidistanza da qualsiasi produzione registica che speculi sul desiderio, qui è una forza contrarian, che si oppone e che rompe. Bellocchio mette in scena una guerra fredda silenziosa tra l’individuo e le strutture che lo vogliono normalizzare: la famiglia, la scuola, la medicina, la giustizia, persino la memoria storica – tutte queste istituzioni sono presenti nel film come apparati di controllo, come dispositivi che cercano di incasellare l’identità, di renderla funzionale, prevedibile, adattabile.

In questo contesto è la psiche che diventa vero campo di battaglia, Andrea, il giovane protagonista, non è solo un adolescente innamorato: è un soggetto in formazione, un’identità che trova la sua evoluzione attraverso la disobbedienza, il suo desiderio per Giulia non è solo erotico, ma epistemico: è il mezzo attraverso cui conosce se stesso, attraverso cui si sottrae alla logica del padre psicanalista, alla pedagogia scolastica, alla morale borghese. Giulia, dal canto suo, è una figura liminale, sospesa tra trauma e liberazione. Ha perso il padre per mano del terrorismo, è legata a un detenuto politico, è stata “trattata” dal padre di Andrea. Il suo corpo è il luogo in cui si incrociano la storia e la clinica, il lutto e la pulsione. Giulia è il luogo dove si combatte la guerra tra eros e norma, tra desiderio e repressione, Il suo corpo è esposto, vulnerabile, ma anche potente, è il corpo che chiama, ma anche quello che resiste. Bellocchio va ben oltre la rappresentazione carnale che molta critica nostrana gli ha voluto affibbiare, il corpo e le forme della Detmers sono il fulcro del suo teatro di guerra. Il desiderio, la psiche, la borghesia, la medicina, la politica: tutto è in gioco, tutto è messo in discussione, il film non offre risposte, ma apre ferite. E in quelle ferite, forse si nasconde la possibilità di una nuova soggettività, che non si adatti soltanto, ma che crei qualcosa di nuovo, dalle ceneri, dalla decomposizione.

In un desiderio, di sintesi, che potrebbe essere anche assimilato ad una strozzatura forzata e considerando tutte le pulsioni in gioco, il film di Bellocchio potrebbe essere focalizzato come un caos di situazione ed eventi che picchiano e gradualmente rompono quel tessuto sociale, visto dall'alto, da quei tetti così frequentati da Andrea e Giulia. Ricordando che ciò che è infinito può essere solo frutto di entità invisibili e divine, e pertanto delimitando il logos-campo di battaglia con questi due argini.

La scena iniziale del tetto : Bellocchio usa la poesia del Pascoli nella scena iniziale, durante una lezione scolastica. Il professore legge la poesia la Tovaglia del Pascoli, ma la classe è distratta. Solo Andrea ascolta. E questo è cruciale.

Giulia, la protagonista, è segnata dalla morte del fratello, militante politico. La poesia diventa una metafora del suo dolore: lei “lascia la tovaglia stesa”, cioè non chiude con il passato. I morti tornano, non come fantasmi, ma come pensieri, come ferite aperte.

Andrea è l’unico studente che coglie il significato profondo della poesia. È il segnale che lui è diverso, più sensibile, più aperto al mistero. È il suo primo contatto con il mondo adulto, con la morte, con l’amore. La lezione è il suo battesimo esistenziale.

La scena dell’esame di maturità, nella parte finale del film è uno dei momenti più emblematici, e Bellocchio la costruisce con una tensione quasi metafisica. Andrea, seduto davanti alla commissione, non risponde come ci si aspetta: non recita, non compiace, non si adatta. Le sue parole sono visionarie, filosofiche, disarmanti. Il professore chiede ad Andrea di parlare della contingenza e della necessità, concetti centrali nella riflessione metafisica.

Andrea non si limita a definire. Parla della contingenza come ciò che non deriva dalla necessità, ma che accade, che irrompe. Usa metafore, si distacca dal linguaggio scolastico.

“La contingenza è ciò che non è previsto, ciò che rompe la logica. È come un soffio che entra e cambia tutto.”
Bellocchio, attraverso Andrea, suggerisce che la vera conoscenza non è ripetizione, ma intuizione. Andrea non risponde per ottenere un voto: risponde per rivelarsi. Poi viene proposto un brano dall’Antigone di Sofocle. Si chiede ad Andrea di tradurre e commentare il conflitto tra leggi umane e leggi divine.

Andrea traduce, ma poi si spinge oltre. Parla di Antigone come di una figura che non accetta la legge imposta, che segue una verità interiore.

“Antigone non è contro la legge: è oltre. È fedele a qualcosa che non si può scrivere.”

Qui Andrea si identifica con Antigone: entrambi sono disobbedienti, fedeli a una voce interiore.

Bellocchio ci mostra che Andrea è un iniziato, un giovane che ha già attraversato il fuoco.

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