Giusto dieci anni fa moriva Marco Ferreri e mi sembra giusto ricordarlo, di getto, con una sintetica recensione che non avevo intenzione di scrivere oggi, ma tant'è. Perdonatemi se non sono troppo in forma ma il tempo stringe, la scrivo quasi in diretta.

Di Ferreri oggi non si ricordano in molti, e, per vero, quando il nostro era in vita non fu mai fra i cineasti più mainstream del variopinto mondo cinematografico italico: fu sempre un eccentrico, un caustico, un sottovalutato in vita e, parrebbe, anche in morte. Oggi sorriderebbe, sardonico, di tutto ciò, beandosi del fatto di essere stato rimosso dai più.

Poco amato per il fatto di essere poco indulgente verso gli umani vizi, e di non ammettere l'esistenza di virtù salvifiche e compensative delle mancanze, Ferreri era una specie di protestante senza Dio, di apostata senza religioni alternative, di laico senza fede nei valori laici. Sicuramente un anarcoide ed un individualista.

"Non toccare la donna bianca" ('74) è un atipico e spassoso western in cui alla fine muoiono quasi tutti, girato dalla parte degli indiani metropolitani di una Parigi trasformata, come per magia, in una Little Big Horn, dove al posto delle radure e delle praterie, o della Monument Valley, c'è un enorme voragine nel centro della capitale transalpina. C'è uno straniamento spaziale, ed ovviamente temporale, la recitazione di tutti gli attori (e che attori: Mastroianni, Tognazzi, Villaggio, Piccoli, Deneuve, Noiret e ne dimentico altri...) pare decisamente sopra la righe: vi è insomma una consapevolezza della rappresentazione qui e ora per richiamare il mito del western, ed al contempo i tratti caricati di recita nello spregio di ogni - finto - realismo.

L'umorismo che pervade lo sviluppo della trama, dai toni sempre distruttivi e mai consolatori, guida tutti verso una allegra distruzione, rappresenta la nostra società come un Titanic che viaggia speditamente, e volontariamente, verso l'iceberg, anzi, lo prende proprio di mira. E senza ancore di salvataggio.

Uno dei miei brani musicali preferiti è Amused to Death di Roger Waters: sarebbe un'ideale colonna sonora per questo film, che ci spiega, in maniera beffarda, come la razza umana si diverta a morire, consumata dalla voglia di potere e di distruzione.

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