"Mi ero preparanto un discorso in cui mi presentavo e vi invitavo a venire avanti. Ma siccome avanti siete già venuti da soli, cominciamo così, io sono Marco Parente"
Così inizia il concerto di Marco Parente in questa serata (nottata) afosa ventilata di Sava, davanti ad una folla oceanica di circa "anta" persone e due cani.
Comincia così il concerto più "surreale" al quale abbia mai assistito.
Fra latrati di cani (in lontananza), forse anche ispirati da certe interpretazioni "geniali" di Marco (in questa recensione, da adesso in poi, lo chiamo Marco, poi capirete perchè).
"Oggi sono solo. E ad essere soli c'è un vantaggio. Posso fare un pò come cazzo mi pare. Per cui ora farò un pezzo inedito, anche se ho l'impressione che in questa piazza tutte le mie canzoni siano inedite. Però è un pezzo d'amore, per cui lo possono capire tutti, anche quelli a quel bar in fondo, come si chiama? Rosso Blu".
Effettivamente lui sul palco è completamente solo, niente batterista, niente chitarrista, niente bassista, niente orchestra sopratutto.
Solo lui, una chitarra acustica, una chitarra elettrica, la sua filosofia "buddista"applicata alla canzone (in poche parole "le parole non sono nulla, anche se io le canto, sono solo suoni, a volte affascinanti, ma solo suoni") ed un aggeggio giapponese (per cui alla fine chiede anche un applauso) che ogni tanto gli fà da base (poche volte in verità, di solito si limita a "dilaniare" le chitarre).
Si va avanti così fra canzoni "inedite" di cui lui "sapientemente" omette di dire i titoli.
Inedite per la piazza (il bar "Rosso Blu" gli spegne dopo dieci minuti le insegne in faccia, quasi a dissociarsi) ed una buona parte anche per me che mi sono in verità fermato al suo bellissimo album "Testa, dì Cuore" ed a qualche brano dei successivi.
Per cui riconosco solo "Farfalla Pensante", il "Fascino Del Perdente" (nell'interpretazione proposta all'interno di un estratto dell'esperimento Il Rumore Dei Libri, veramente bizzarra) e "Succhiatori" rifatto in stile "samba artico", come lo chiama lui.
Del resto conosco poco.
Lui comunque è un piccolo genio senza paura, e fà veramente come cazzo gli pare, fra brani elettrici e brani acustici tutti suonati in maniera forzatamente molto "naif".
"Sbaglio o c'è stato un cambio della guardia? Ora siamo rimasti proprio i migliori!".
E' praticamente l'una di notte quando il concerto si avvia all fine.
A questo punto siamo forse rimasti una "entina" ma forse siamo veramente i migliori (i pensionati, le mamme ed i bambini se ne sono andati, fra loro anche mia moglie e mia figlia).
E lui lo sente.
Chiude il concerto con un bellissimo brano in cui tanto per cambiare amoreggia splendidamente con la sua chitarra (particolarità, tenuta al contrario, è mancino) e "suona la sua voce" al posto di tutti gli strumenti mancanti.
Dopo di che ci saluta e scende dal palco.
Poi, richiamato dai pochi intimi a concedere un bis, ci delizia, disattendendo le attese di una canzone, con una lettura da "Il Piccolo Principe" di Saint-Exupéry, "l'ideale per mandare tutti a dormire" come dice lui.
E qui viene il bello.
Mentre lui è appena sceso nuovamente dal palco e continua ad ondeggiare in disparte al ritmo della musica che svanisce (per intenderci un pò come usa fare Tom Waits interpretando certi suoi brani), io, accingendomi a raggiungere mia moglie e mia figlia stremate in macchina, passandogli praticamante affianco:
"Ciao, comunque non è vero che non ti conosceva nessuno. Io ho il tuo primo album, "Testa, dì Cuore". Lo trovo splendido, e mi dispiace che hai fatto pochi pezzi".
"Quello non è il mio primo album, io ho fatto CINQUE album" mi ribatte, quasi infastidito.
"Mi dispiace che non hai suonato "Rampe di Slancio" e "Karma parente". Comunque ciao".
"Ciao. Grazie di essere venuto".
Grande Marco (ormai siamo amici..).
Geniale (a suo modo), schietto, spontaneo, strafottente delle regole, e pure simpatico.
Che non guasta.
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