Celtic Harp - che potrà mai essere questo disco? Semplicemente una sorpresa.
Andiamo per ordine, prima di tutto è lecito chiedersi: chi è questa Margie Butler, della quale sono venuto a conoscenza per caso più di un anno? Trattasi di un'artista musicale irlandese, comprensibilmente misconosciuta ai più, ma assai nota invece nell'ambiente della new age e della world music come arpista. Stando a quanto riportato in numerosi trafiletti promozionali, si scopre che il padre era un famoso tenore (non sono riuscito purtroppo a rintracciare il nome), fattore che ha permesso a Margie di vivere a stretto contatto col panorama musicale dell'Isola Verde, e permettendole così di maturare una spiccata sensibilità verso le melodie celtiche tradizionali. Nel corso della sua carriera ha composto sia album solistici che assieme ai Golden Buogh, proponendo un conubbio tra brani propri e reinterpretazioni di brani della tradizione non solo irlandese, ma anche bretone, scozzese e inglese.
Gli input sono quindi più che buoni, ma c'è da dire che non sempre i lavori dell'artista si rivelano particolarmente entusiasmanti: ho avuto modo di ascoltare altri due album, Carolan's Draught e Lure of the Sea Maiden, e devo dire che purtroppo non vanno oltre la dimensione di un folk atmosferico statico e senza spunti interessanti, tanto da poter essere considerati a tratti come mera (come viene volgarmente definita) "new age da supermercato", musica d'ambiente spacciata come "benefica", colta e cosmopolita, e che si risolve invece in una sequela di nenìè insipide e stancanti.
Come allora come mai ben quattro "pallini" a Celtic Harp? D'altronde, all'apparenza gli elementi per catalogarlo come ciofeca ci sono, tra il titolo assolutamente anonimo, la sconosciutezza dell'artista e il sentore di marcia commercialità che aleggia tutt'intorno. Eppure il risultato è di una completezza sorprendente: questo disco, completamente strumentale, può contare, oltre che ad una produzione sempre adeguata, anche di un'ottima qualità compositiva che permette ai brani di mantenere intatto la dolcezza ipnotica della musica celtica senza diventare ripetitivi. Le dita di Margie scorrono agili e sicure sulle corde dell'arpa, il cui timbro brillante ed etereo dipinge paesaggi ora delicatamente gioiosi, ora più maestosi ed eterei, come ad esempio Snow Geese, The Hills of Ireland e Alalas das Marinas, perfette trasposizioni musicale della vista di un lussureggiante e misterioso paesaggio nordico. Anche gli altri strumenti, tra i quali sono presenti violino e flauto irlandese, fanno un'ottima figura, accompagnando con maestria le melodie della Butler, conferendo corposità e pienezza agli arrangiamenti.
Come intendere allora questo disco? Direi che si tratta della dimostrazione di come, anche da un contensto solitamente così poco affidabile come l'ambient/new age di carattere commerciale, possano saltare fuori della piccole gemme: un'opera insospettabilmente fresca e convincente e che consiglio caldamente a chi apprezza il folk internazionale o vuole anche solo farsi cullare per un'oretta dal fascino magico e sognante della musica irlandese.
Carico i commenti... con calma