Due serate in due giorni forse possono risultare un tantino stressanti, un po' pesantucce... Ma sapendo che i protagonisti sono i Marillion e la loro musica toccante ci si può anche pensare. E infatti ho fatto la scelta piena proprio sapendo che i Marillion, provocando brividi in studio, avrebbero fatto di "peggio" dal vivo; e 57 euro non possono certo essere considerati un'esagerazione di fronte a tanto. E non è stata una follia nemmeno scegliere di andare ad entrambe le serate da solo, non avendo trovato qualcuno a farmi compagnia...
Senza aspettarmelo mi sono trovato in mezzo ad un pubblico composto maggiormente da gente della fascia 40-45-50 anni. Non me l'aspettavo perché sono perfettamente a conoscenza del fenomeno verificatosi dopo l'addio dello storico frontman Fish, ovvero che molti di quei fan non hanno più seguito la band oppure non apprezzano molto (e continuerò a non capirne il perché) l'era Hogarth, nonostante il più forte potenziale emozionale. Credevo che i Marillion di Hogarth fossero nelle mani di un pubblico decisamente più giovane e "alternativo" e invece sono stato smentito dalla presenza di tutti quei nostalgici. Sfortunatamente non ho attaccato bottone con nessuno, complice la mia ben nota timidezza. Ma veniamo alle due serate.
Secondo la presentazione offerta da ticketone sarebbero dovute essere due serate dall'atmosfera completamente diversa l'una dall'altra ma invece le due serate si sono rivelate pressoché simili. Decisamente discutibile è apparsa la scelta di proporre in entrambe le serate ben 6 pezzi (di cui 5 dall'ultimo album) ma togliendo questo si può dire che in entrambi i due atti abbiano pescato piuttosto bene dal loro repertorio. Dall'ultimo album "Sounds That Can't Be Made" i pezzi scelti sono stati 5 degli 8 presenti e come detto sono stati eseguiti in entrambe le serate. In entrambe le occasioni ha aperto "Gaza", con Hogarth che indossa un camice bianco con il simbolo della pace e che a fine canzone pronuncia pure un discorso sul conflitto della Striscia di Gaza. Per incitare ci distribuiscono a tutti una kefiah, a ciascuno di un colore diverso; sfortunatamente a me ne danno una con i colori dell'Inter. Ottima resa ha avuto anche "Sounds That Can't Be Made" che con le sue tastiere pompose non poteva che suonare potente e "accogliente" dal vivo. Le emozioni del disco si sono confermate anche con "Pour My Love" e soprattutto con "The Sky Above The Rain" che mi ha davvero aperto il cuore anche se non condivido più di tanto la scelta di abbassare la tonalità dell'ultima parte. Resa un po' minore per "Power". Poi nella seconda serata qualcuno chiede a gran voce "Montreal" ma Hogarth dice che viene conservata per occasioni speciali a venire... Quasi si apprestano a suonarne i primi 30 secondi ottenendo un "better than nothing!" da una fan. Venendo agli altri brani in scaletta nella prima serata troviamo una roboante "Ocean Cloud" dal capolavoro "Marbles", quasi sistematicamente messa subito dopo "Gaza". Due brani di 17 minuti uno dietro l'altro per 34 minuti da brivido. "Neverland" invece è presente in tutte e due le serate e nella seconda viene utilizzata come chiusura, scelta ottima per molti presenti. Dall'altro masterpiece "Brave" scelgono "The Great Escape". Ma il pubblico doveva ancora agitarsi per bene... Ed allora ecco che viene inserito probabilmente il brano più adatto per unire e far scaldare il pubblico nei concerti (tant'è che viene proposto abbastanza costantemente dalla band nei live): si tratta ovviamente di "Man Of A Thousand Faces" (da "This Strange Engine") che tutto il pubblico, scaldatosi già vedendo Rothery imbracciare la dodici corde acustica, canta a squarciagola incitata dal trascinante Hogarth soprattutto nel suo ricco finale corale.
Ma i piatti forti dovevano ancora arrivare... Infatti ecco qualcosina anche dell'era Fish: l'accoppiata "Warm Wet Circles"/"That Time Of The Night", da "Clutching At Straws" trasforma veramente il pubblico in un coro... E non bastasse tutto questo ecco che da "Seasons End" (che vide l'esordio di Hogarth) arriva il classicone "Easter", forse inatteso (viste le scalette delle serate precedenti) ma apprezzato proprio perché inatteso... I classici sono sempre accolti con calore. La prima serata è chiusa da "Three Minute Boy" dal controverso "Radiation". Brano che ho impiegato tanto ad apprezzare ma ora guai a toccarmelo ed anche dal vivo ha fatto la sua gran figura, soprattutto nei cori finali.
La seconda serata invece propone molti più brani da "Marbles" disco che a quanto pare oltre che nei cuori dei fans è entrato anche in quelli della band dato che sceglie sempre molti brani da esso. "You're Gone" con la sua melodia solare viene usata quasi come "carica" per incitare il pubblico, "Fantastic Place" è naturalmente più raccolta; "The Invisible Man", che precede l'encore, vede sul palco un Hogarth più teatrale che mai entrare vestito come un vecchio con occhiali e bastone mostrando un inatteso lato da commediante. Spazio anche per due brani da "Afraid Of Sunlight": tocco il massimo dei miei brividi quando viene eseguita "Beautiful" - ma immagino che anche tutta la platea fosse nelle mie stesse condizioni - dove Hogarth si mostra ancora molto teatrale ed espressivo e Rothery può fare il figo con la chitarra a doppio manico; poi c'è "King" dove Hogarth si diverte a giocare con la sua chitarra. Spazio anche per "Somewhere Else", dall'omonimo album, che pur provenendo a mio avviso dal loro album meno ispirato ci sta comunque. Ottima resa invece per "This Strange Engine", anch'essa portante il nome del disco che la contiene, dove Hogarth sfoggia il suo particolarissimo strumento elettronico.
Tirando le somme posso veramente dire che ne è valsa la pena. Che importa se sei solo e se devi tornare da solo e devi farlo per due sere di fila... se poi passi due serate così intense? Nulla! Ho visto esibirsi musicisti non molto scenici, più intimi e raccolti semmai, ma in grado di emozionare. Però la sorpresa per me è stato il frontman Steve Hogarth. Credevo si presentasse piuttosto tranquillo e raccolto anche lui e invece ha mostrato un'inattesa teatralità: si muoveva sul palco guidato dalla musica, si adagiava a terra e poi si rialzava, si metteva e toglieva la giacca a seconda dei momenti ("i vestiti sono importanti a Milano!" ha pure esclamato), si poggiava con gran classe sul suo sostegno per percussioni e sapeva trascinare il pubblico come un vero frontman. Peccato che gli altri musicisti siano invece più "anonimi" ma non sarebbe questo un frontman degno sostituto di Fish, considerando pure che la sua voce è decisamente più emozionante? Come si può pensare di no? Chi non crede in lui e in questi Marillion deve ricredersi assolutamente! Mi dispiace che questa band non riscuota più il successo di un tempo, che sia finita a suonare in posti così piccoli, soppressa dalle troppe realtà musicali scadenti con cui ogni giorno tentano di lavarci il cervello... Ma la musica scadente e priva di essenza sa che non mi avrà mai e mi sentirò sempre fiero di non rappresentare la cultura pseudo-musicale dei giovani d'oggi e di essere un giovane in mezzo a tanti appassionati "vecchio stampo" che crede nella musica vera e sincera!
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