Con il rischio di essere impopolare, mi espongo con piacere per parlare dell'indimenticabile trilogia di Amici Miei. Sono imbarazzato a scrivere questa recensione che richiede certo molta competenza.
Voglio provare a trasmettere, soprattutto alle nuove generazioni, il valore immenso della vecchia commedia italiana. Uno spaccato degli anni 60-70-80 (l'arco temporale dei 3 episodi è distribuito su 25 anni circa), pieno di significati nascosti. Dimenticate le stupidissime e volgari commedie alla Pieraccioni ed alla Vanzina e provate a riscoprire uno dei capolavori del grande Monicelli (regista nei primi due episodi) ed il meno riuscito, appena dignitoso, terzo episodio diretto da Nanni Loy.
Indimenticabili, maestosi, oserei dire perfetti, tutti i protagonisti, che hanno letteralmente riscritto la storia del cinema italiano e con la loro incredibile caratterizzazione e capacità recitativa, hanno conferito ai personaggi una credibilità stupefacente. Gli attori sono la prima vera grande risorsa delle tre pellicole. Partendo dal grande Ugo Tognazzi, interprete struggente e pungente in ogni frammento di pellicola, nei panni del conte Lello Mascetti. Non vedo motivo di narrare le vicende che lo coinvolgono, piuttosto descriverei il forte impatto che questo decaduto conte riesce ad avere su chi gli sta intorno. Un manipolatore, un indignitoso fattucchiere senza capo né coda che passa la vita a divertirsi, maltrattando chiunque, sfuggendo dalla miseria che si è creato attorno con le proprie mani, padrone solo di se stesso (fino all'invalidità) ed aggrappato disperatamente all'amicizia, probabilmente l'unica cosa che per lui conta davvero. Philippe Noiret interpreta il giornalista Perozzi, con amante e grossa insofferenza per moglie e figlio, bisognoso di spasso amicale per sfuggire alla monotonia di una condizione famigliare troppo opprimente. Gastone Moschin, è Il Meandri, architetto del comune, passionale e distratto dalle donne che finiscono per stravolgere la sua esistenza, più di una volta salvato dal gruppo di amici, che finiscono per recuperarlo, con la dovuta pungente ironia, in condizioni inaccettabili. Duilio del Prete prima, Renzo Montagnani poi, nelle vesti del Necchi, il barista e Adolfo Celi, nei panni del duro, luminare, chirurgo di riconosciuta fama professor Sassaroli, completano il quadro di questa incredibile banda di "zingari".
La storia è incentrata su questa amicizia immortale che non viene abbattuta nemmeno dalla vecchiaia o dalla morte. Il tutto si svolge a Firenze e zone limitrofe, palcoscenico di storie della vita dei personaggi, che corrono a salvarsi a vicenda in casi di necessità e non, e trascorrono il loro tempo tentando di evadere da una realtà che risulta a volte troppo opprimente e complicata. Così, nei momenti di sconforto più intenso, i cinque si danno da fare con " le battute", come quella del servizio torri al famoso duomo di Pisa, o si divertono a "massacrare" qualche malcapitato (vedi la famosa scena degli schiaffi alla stazione). Goliardia, pungente sarcasmo ed azioni irriverenti (nei 3 episodi ce ne sono dozzine) potrebbero far pensare a una trilogia comica. Ed in effetti si ride. Ma se si analizza bene il quadro, le pellicole finiscono per risultare quasi drammatiche. Impossibile non riuscire a commuoversi con il finale di ciascuno dei 3 film, sempre sospesi tra il confine sottilissimo del comico e del dramma (questa è la tesi di Allen, che sposo in pieno, da ascoltare in Melinda & Melinda). Perché ogni azione di gruppo è un evidente tentativo di fuga dal Niente e dal tempo che passa inesorabile, e che piano piano porta via tutto.
Impedibile il micro linguaggio che si crea a pennello per svariati interlocutori in alcuni frammenti delle pellicole: tra i più abili Il Mascetti (con la sua supercazzola) ed Il Perozzi, zingaro fino alla morte. Il sorriso è amaro.
Se ne possono dire di cose, ma trovo giusto non dilungarmi ed aprire un doveroso, certamente piacevolissimo confronto, fatto di opinioni e ricordi, al fine di completare il tutto.
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