Morricone dei poveri, ingenuo cowboy errante perduto nelle praterie irlandesi, eccetera eccetera... Non sono pochi i pesci in faccia che Mark Knopfler si è preso per la sua attività extra Dire Straits, quella di compositore di colonne sonore. Ma si sa che i critici sono una specie di "accolita dei rancorosi" (come direbbe Vinicio Capossela) che prende di mira in particolare chi ha avuto un grande successo di vendite, dando per scontato che ciò sia segno di scarsa qualità. Guarda caso anche queste musiche di Mark Knopfler sono diventate molto più celebri dei rispettivi film, e non è colpa del solito pubblico somaro e beota.

"Screenplaying" è una generosa raccolta che condensa le prime quattro colonne sonore del grande chitarrista, dal un cognome un po' crucco, ma scozzese di Glasgow. E la radice celtica della sua musica, mai affiorata o quasi nei Dire Straits, qui emerge con forza, diventando un tratto dominante. Siccome anche le critiche più feroci un fondo di verità ce l'hanno, bisogna ammettere che questo disco è una dimostrazione lampante di come i limiti di Mark Knopfler vengono fuori proprio quando tenta di "fare il Morricone", cimentandosi con un impasto orchestrale un po' mieloso, con grande dispendio di archi, mentre invece risultano veri e propri gioielli le colonne sonore in cui rimane sé stesso, dando piena voce alla sua polifonia chitarristica e ad un suono più vicino a quello inconfondibile dei Dire Straits.

Ascoltando le musiche di "Last Exit To Brooklyn" e di "The Princess Bride" si ha la netta percezione che si tratta di musica da film, e nient'altro. Anche se a volte i temi sono veramente indovinati (il finale di "Last Exit To Brooklin", "Guide My Sword" da "The Princess Bride") si ha sempre l'impressione di un miscuglio artificioso tra l'orchestra, sempre più prepotente, e le rare e timide uscite del chitarrista. Altre volte, come in "A Love Idea", da "Last Exit", vengono fuori insospettati effetti cameristici tra i violini e la chitarra acustica, piacevoli ma che tuttavia danno l'idea di un esercizio di bravura fine a sé stesso.

Ben altro clima è quello delle due colonne sonore-capolavoro, quelle dove l'orchestra si fa da parte: "Cal" e "Local Hero". La prima è più tipicamente celtica, e contiene episodi tradizionali come "Father And Son" e "Potato Picking", con tin whistle e cornamuse, che non sfigurerebbero in un disco dei Chieftains. Non a caso alcuni di loro collaboreranno proprio con Mark Knopfler nel suo "Golden Heart", mentre lo stesso chitarrista sarà loro ospite nella grande "reunion" intitolata "The Long Black Veil". Ma ancora più convicenti sono i brani in cui la chitarra, o meglio le chitarre, diventano protagoniste: in "Irish Love" mormorano languide frasi amorose, in "Irish Boy" e soprattutto nella splendida "The Long Road" il loro suono cristallino si impone definitivamente, disegnando paesaggi tipicamente irlandesi, grandi spazi verdi dove il "cowboy errante" non si perde affatto, ma sembra esserci nato. "The Long Road" per inciso è stata sfruttata anche dalla pubblicità (biscotti Doria, e a questo proposito sarebbe interessante notare quanta buona musica attirano gli spot sui biscotti, ma il discorso ci porterebbe lontano). Anche in "Local Hero" il clima è celtico, ma con più varianti. Una è senza dubbio "Boomtown", che con il suo ineccepibile sax e il suo sound jazzeggiante sembra nata da una costola di "Your Latest Trick". Alle atmosfere misteriose e arcaiche di "Cal" ci riporta "The Mist Covered Mountains", il cui titolo mi piace pensare sia derivato da un verso della splendida "Brothers In Arms": non so se è così, ma sarebbe un bellissimo esempio di musica generata dalle parole.

Il tema principale di "Local Hero" è forse il risultato più alto raggiunto dal Mark Knopfler cinematografico. Prima esposto dolcemente dalla chitarra acustica ("Wild Theme"), poi ripreso dal sax e accelerato per dar luogo ad un ricco finale trionfale ("Going Home", incluso anche nel live "Alchemy") è uno di quei motivi fischiettabili ma tutt'altro che banali che portano il segno inequivocabile dell'ispirazione, alla faccia del "Morricone dei poveri".

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